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In queste prime settimane di agosto, dopo la nostra richiesta, abbiamo ricevuto decine di mail e messaggi sui social da parte di persone che dal resto della provincia, della regione e d’Italia desideravano aiutarci donando borse e zaini.
I primi zaini hanno iniziato ad arrivare da zone vicine a Saluzzo e da altre città italiane: rispolverati dagli armadi o ordinati apposta, a mano a mano che le settimane sono diventate più calde, si sono fatti spazio nel magazzino del Pozzo pronti per essere distribuiti ai braccianti che ogni settimana (circa 150) arrivano nel cortile della nostra Caritas per fare una doccia, chiedere vestiti, scarpe o, appunto, uno zaino.
Borsa, valigia, zainetto … hanno un’importanza fondamentale per i braccianti senza dimora. Contengono gli averi di una vita fatta di spostamenti, precarietà e marginalità. Uno zaino diventa la casa che puoi portare con te e la contiene proprio come se fosse un pezzo di sé che si cerca di difendere da tutto, anche da chi vorrebbe rubartela, perché la sopravvivenza è anche questo. Come nel caso di S. che è arrivato alla nostra “Boutique du monde” (dove distribuiamo zaini, vestiti e scarpe) cercando una busta di nylon per poter riparare la sua valigia dalla pioggia.
Oppure M. che, come altre centinaia, da inizio giugno bivacca all’aperto insieme ad un piccolo gruppo di connazionali a Saluzzo, vicino ad un supermarket, arrotolandosi in una coperta per cercare di scacciare l’insistenza delle luci al neon dell’insegna dove un volantino reclama un kg di pesche a pochi centesimi, quelle stesse pesche che spera di raccogliere con un contratto, anche solo di qualche giorno, di qualche settimana. Per chi come M. sta dormendo all’aperto, nelle notti che alternano tempeste di pioggia e zanzare, il problema di dove custodire e come trasportare in giro le proprie cose mentre si va in bicicletta a cercare lavoro è fondamentale.
Molti dei braccianti che abbiamo incontrato la notte, quando con il Doblò usciamo per i Presidi mobili, dopo il lungo viaggio che li ha portati anche molto tempo prima in Italia (dal Mali, Senegal, Gambia, Costa d’Avorio, Guinea, Ghana e Burkina Faso) sono costretti a dormire nascosti nei parchi, nei sottopassi o nei parcheggi in periferia, a Saluzzo come in altri piccoli Comuni attorno. Costretti a cercare, giorno dopo giorno, giacigli di fortuna dove passare la notte e lasciare i propri bagagli, magari incustoditi durante il giorno.
Spesso alcuni braccianti, quando arrivano al nostro sportello Infopoint in corso Piemonte, raccontano di essere rientrati da una giornata di lavoro nei frutteti oppure alla ricerca di un ingaggio e di non aver più ritrovato i loro bagagli (perdendo così documenti, vestiti, ricordi…). Dopo lo sgombero del parco di Villa Aliberti a luglio, molti ci hanno raccontato che le loro valigie erano state spostate nei magazzini comunali, ma non erano riusciti a recuperarle. Una situazione che ha generato parecchi disagi e difficoltà.
Per questo motivo, come già accadeva gli anni scorsi, in accordo con il Comune e la Polizia Municipale abbiamo iniziato a raccogliere i bagagli e gli effetti personali dei braccianti per riporli in un deposito della nostra Caritas che possono raggiungere facilmente e in sicurezza, senza il rischio di dover attendere troppo tempo o creare assembramenti.
Su ogni bagaglio mettiamo un’etichetta con il nome del proprietario perché sappiamo che dentro quegli zaini e quelle valigie ci sono vite intere, arrivate a Saluzzo (e con alle spalle altri viaggi da molto più lontano) con la speranza di trovare il modo di sopravvivere, mantenere la famiglia o rinnovare il permesso di soggiorno.
Ad oggi nel nostro deposito abbiamo circa sessanta bagagli che sappiamo contenere tanti oggetti, ma anche speranze, ricordi e storie che custodiamo affinché non vadano dispersi.
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Cerchiamo coperte.
Per C. che con la sua tenda sfilacciata da quasi un mese dorme vicino ad un supermarket dove i cartelloni pubblicizzano 1 kg di pesche in offerta a 0,98 centesimi
Per D. che a 21 anni si trova a pregare il suo Dio su un cartone umido sotto un portico a Saluzzo dove è arrivato per la prima volta, convinto da un amico che qui avrebbe trovato un ingaggio.
Per S. di 23 anni che a Bergamo faceva il metalmeccanico, ma la crisi causata dal Covid ha lasciato senza lavoro.
Sono oltre 100 i giovani africani (originari delle zone subsahariane come Mali, Gambia, Senegal…) che abbiamo incontrato la notte in queste settimane, durante i nostri Presidi Mobili, mentre con i volontari distribuiamo mascherine, gilet catarifrangenti, ma soprattutto coperte.
Sono arrivati qui da Torino o da altre regioni, con la speranza di lavorare nella raccolta, a cavallo tra i mirtilli e le mele, ma rimangono senza un tetto perché i posti nelle strutture dell’accoglienza diffusa (115 disponibili) non sono sufficienti, inoltre le aperture di alcuni siti sono state posticipate o non ancora attuate.
Alcuni hanno il permesso di soggiorno scaduto o non rinnovato, molti i nuovi arrivi che passano dal nostro Infopoint in corso Piemonte, alcuni ci mostrano un contratto in Comuni che (a differenza degli otto firmatari su 34 del distretto frutticolo cioè Saluzzo, Cuneo, Tarantasca, Busca, Costigliole Saluzzo, Lagnasco, Verzuolo e Savigliano) non hanno sottoscritto i protocolli con la Prefettura.
Molti ci dicono di avere un contratto con un datore di lavoro che li assumerà per la raccolta delle mele, ma è forte il loro timore a mostrarlo per paura di controlli in azienda.
I temporali di questi giorni li hanno esposti a piogge gelide, grandine e freddo, costringendoli a cercare un riparo anche sotto tettoie improvvisate, in condizioni indegne e promiscue, ancora più a rischio in questo periodo di diffusione del Covid-19.
Il nostro timore è per loro e per la salute dei cittadini: chiediamo che venga applicata una norma che già esiste, l’articolo 103 comma 20 del Decreto Rilancio, come già ribadito dalla Ministra Bellanova, che prevede un intervento per prevenire la nascita di insediamenti informali a tutela della salute di tutti.
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Ad oggi abbiamo incontrato circa 70 ragazzi che dormono all’aperto in città (nei parchi pubblici, sotto i portici dei palazzi, nei parcheggi…) ai quali abbiamo donato una coperta e consigliato di venire al nostro Infopoint in modo da fornirgli assistenza dal punto di vista legale, lavorativo, sindacale e amministrativo. Quando arrivano li aiutiamo a iscriversi alla piattaforma “Io lavoro in agricoltura”, distribuiamo libretti per segnare il numero di ore lavorate durante la giornata, spieghiamo loro le novità che l’emergenza sanitaria ha portato con sé.
Inoltre, sono già 6 le persone che hanno ricevuto assistenza sanitaria da parte del nostro ambulatorio medico o dal pronto soccorso che hanno spesso sottolineato come la cura dell’igiene e un adeguato risposo siano importanti per la guarigione.
Senza una casa, però, il riposo e la possibilità di lavarsi vengono meno.
Molti arrivano da lontano e sono disposti a restare qui nonostante le condizioni precarie, il freddo e la pioggia di questi giorni: per loro Saluzzo non significa altro che la possibilità di trovare un lavoro, di sopravvivere, di rinnovare il permesso di soggiorno.
3. IL NOSTRO AIUTO
In queste settimane abbiamo cercato di capire come adattare alle condizioni create dall’emergenza Covid-19 i nostri servizi che solitamente apriamo proprio con l’inizio della stagione di raccolta, tra la primavera e l’estate.
Nelle ultime settimane dal nostro Infopoint in corso Piemonte il numero di persone in attesa aumenta ogni giorno e attraverso l’aiuto dei volontari riusciamo a permettere che l’attesa sia sicura per tutti quei braccianti che arrivano a chiederci aiuto, compilare in curriculum, ricaricare i telefonini o semplicemente fermarsi un attimo. Distribuiamo loro le mascherine frutto di tante donazioni di chi sostiene il nostro progetto Presidio e ci dimostra la sua vicinanza.
Un altro servizio indispensabile per la dignità di queste persone sono le docce. Abbiamo già incontrato persone che hanno problematiche di salute collegate al vivere senza un tetto, addirittura un #bracciante ci ha detto di essersi lavato in un torrente in questi giorni.
A questo proposito da lunedì il nostro servizio docce riaprirà in tutta sicurezza seguendo tutte le disposizioni necessarie per garantire la salute di tutti: attraverso il contributo dei volontari i braccianti potranno usufruire del servizio che sarà sanificato dopo ogni utilizzo.
Inoltre, molti stagionali costretti a dormire in strada spesso sono tornati al loro giaciglio senza più trovare i loro bagagli o altri effetti personali che avevano lasciato incustoditi per partire in bicicletta a cercare lavoro. È nata così la nostra idea di creare un deposito bagagli nella nostra #Caritas e da qualche giorno abbiamo iniziato a offrire loro la possibilità di depositarli al sicuro.
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Il tramonto sullo sfondo del Foro Boario incornicia questa volta una scena piuttosto insolita perché in quel gruppetto che si incammina lungo il viale ci sono i sacerdoti di tre parrocchie saluzzesi ed altri Comuni del territorio che hanno deciso, invitati dal direttore della Caritas Don Beppe Dalmasso, di seguire i nostri operatori in un “presidio mobile”.
Nonostante alcuni parroci fossero già informati sulla situazione, solo un paio erano già stati al dormitorio PAS (Prima accoglienza stagionali). Nonostante ciò, la loro presenza si fa subito notare, tanto che le biciclette cariche di buste della spesa anziché sfrecciare lungo il viale, rallentano in prossimità del gruppo, specie quando alcuni sacerdoti (memori delle loro missioni in Africa) accennano saluti in bambarà o mandinga. Restiamo all’esterno del PAS, spiegando e raccontando gli sviluppi dell’ultimo anno: le novità, i passi avanti e le criticità della situazione. Il gruppo ci stimola con molte domande: quante persone vivono nella zona del Foro Boario, quante lavorano, se hanno un contratto o sono alla ricerca di un impiego. Ci prendiamo il tempo per rispondere a tutte e a tutti, consapevoli che la complessità della situazione sia difficile da restituire in poche parole.
Entriamo nel PAS e veniamo accolti dagli operatori della Cooperativa Armonia che dal 2018 si occupano della gestione della struttura. A loro i sacerdoti rivolgono domande sulla gestione, sui cambiamenti rispetto all’anno precedente. Entriamo per attraversare con loro questo microcosmo carico di vita: dalle bancarelle improvvisate alle piccole attività. C’è chi cuce, chi taglia i capelli, chi ripara biciclette: segnali di una comunità che qui ha provato a ricostruirsi partendo da una quotidianità riprodotta.
Don Andrea, parroco a San Martino di Barge, racconta del suo passato come missionario in Africa e si stupisce di fronte a questo brulicare di persone che gli ricordano i mercati del Camerun. “Mi sembra proprio di essere di nuovo là, ma il probelma è che tutto questo avviene a Saluzzo” ci dice.
Durante la visita qualcuno si ferma a parlare con i braccianti: molti osservano il gruppetto straniti mentre, chini verso terra, preparano la cena o attendono il loro turno per la doccia. Mentre il tramonto lascia spazio alla notte, il numero di persone nel dormitorio aumenta, segno che la giornata di lavoro è finita.
Usciamo per raggiungere l’area tendata, sorta accanto al PAS dopo le proteste seguite agli acquazzoni di luglio. Don Marco, parroco di Verzuolo e Costigliole, che insieme agli Scout aveva prestato servizio nel 2015 e nel 2016 al Campo Solidale gestito dalla nostra Caritas, riconosce le tende verdi montate allora e ricomparse due anni dopo nello stesso luogo. “Mi sembra incredibile rivedere queste scene” commenta.
Restiamo in questo luogo sospeso tra odori e rumori di altri Paesi che ormai “appartengono” al nostro. È soprattutto qui che abbiamo l’occasione di constatare gli aspetti più critici della situazione degli stagionali che non hanno una sistemazione abitativa, condizione che ogni anno segna la stagione della raccolta.
Assistiamo al rientro a “casa” (nelle tende) di uomini e giovani che lavorano nelle nostre campagne e la sera si ritrovano per mangiare insieme, giocare a carte, chiacchierare come tutti i lavoratori, con l’unica, amara e indegna differenza del loro letto, approssimato sul cartone, a terra o su un pallet sotto le tende, per chi non ha posto nel PAS.
La presenza di questo gruppo di sacerdoti, grazie a Don Beppe Dalmasso, ha mostrato la vicinanza e l’interessamento della Chiesa agli uomini che vivono questa condizione, ai membri della comunità e agli amministratori che tentano di intervenire da ormai dieci anni.
Pochi giorni dopo questo “presidio mobile” con i sacerdoti, durante il Convegno Diocesano che apre l’anno pastorale, alcuni giovani volontari della nostra Caritas, che vivono nel cohousing “Casetta”, hanno letto un messaggio in occasione della Giornata nazionale delle vittime dell’immigrazione (03 ottobre) per quegli uomini e quelle donne che hanno perso la vita durante il loro viaggio verso un futuro di speranza.
Le parole di Papa Francesco nell’omelia a Lampedusa durante la sua visita nel 2013: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?», Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!
(…) domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo. Chi ha pianto oggi nel mondo?»
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È iniziato il periodo delle partenze. Nelle ultime settimane molti braccianti arrivano al nostro Infopoint dicendo che lasceranno Saluzzo nel giro di pochi giorni. Spesso chi parte ha le idee chiare su dove andrà, ben poche su cosa farà una volta arrivato a destinazione, se troverà o meno un lavoro… Alcuni ci raccontano che andranno a Roma, ospiti di amici, altri raggiungeranno dei parenti nel nord Italia, alcuni arriveranno fino in Calabria e in Puglia, a Rosarno, San Severo, Foggia… Anche quest’anno abbiamo offerto loro la possibilità di lasciare la bicicletta in deposito, dove sarà custodita gratuitamente per un anno.
I volti di questi lavoratori sono spesso segnati dalla fatica del lavoro di questa stagione, alcuni sono così abituati ad una condizione di “nomadismo”, in giro per l’Italia in cerca di lavoro. Nella maggior parte dei casi ci hanno dimostrato gratitudine e sollievo per un servizio che permette loro di lasciare Saluzzo, trovando il prossimo anno la loro bicicletta a disposizione quando toneranno per una nuova stagione. Lo si capisce dai larghi sorrisi con cui ci salutano quando escono dal nostro Infopoint.
LA CICLOFFICINA : I DATI DI QUESTA STAGIONE
Al lavoratore che usufruisce di questo servizio viene consegnata una scheda personale con il numero della bicicletta e le credenziali con nome e cognome per poterla ritirare l’anno successivo. Quest’anno la nostra ciclofficina ha chiuso a metà ottobre, consegnando durante la stagione 42 biciclette dietro il versamento di una cauzione simbolica di 15€. La prima è stata consegnata il 19 giugno, l’ultima il 25 settembre. Chi ha bisogno di una bicicletta passa dal nostro Infopoint in corso Piemonte, viene ricontattato telefonicamente e in base ad alcune caratteristiche si stabilisce un ordine di priorità, ad esempio per chi ha già un contratto oppure per chi ha la certezza di iniziare a lavorare entro breve. La ciclofficina quest’anno ha garantito il suo servizio per ben 4 mesi, senza interruzioni. Per quanto riguarda il deposito del 2018, sono state riconsegnate 66 bici su un totale di 117. Al momento, al deposito 2019-20 sono già arrivate 57 biciclette.
Moltissimi volontari hanno contribuito alle riparazioni: molti durante le “vacanze solidali” e una ventina del Saluzzese. A loro va il nostro ringraziamento, soprattutto a quanti hanno gestito lo spazio della ciclofficina e “formato” altri volontari per aiutarli nelle riparazioni.
L’IMPORTANZA DELLA BICICLETTA PER GLI STAGIONALI
Per la maggior parte delle persone la bicicletta rappresenta un mezzo di trasporto, spesso riservato a brevi spostamenti settimanali o custodita con cura in un garage per riprenderla nel fine settimana a riempire il proprio tempo libero. Nonostante questa funzione stia subendo una leggera trasformazione, con un numero crescente di persone che la utilizza per lavoro, nell’immaginario rimane ancora un mezzo per brevi spostamenti in città o per fare sport su lunghe distanze.
Nelle campagne saluzzesi, invece, questo paradigma viene completamente sovvertito. Anche quest’anno già da fine maggio, infatti, lungo le strade abbiamo visto moltissimi giovani africani pedalare al mattino presto, macinando chilometri per spostarsi da un’azienda all’altra in cerca di ingaggio come stagionali o per raggiungere i campi dove lavoravano. Un flusso che poi si ripeteva identico alla sera, per tornare là dove avevano lasciato le loro cose (dentro uno zaino, una valigia o una busta di plastica) per cenare e dormire, anche se all’aperto.
La bicicletta, agli occhi di questi lavoratori, diventa una condizione indispensabile per cercare e sperare di ottenere un lavoro nelle campagne punteggiate di frutteti nel distretto saluzzese. Avere accesso a questo mezzo di trasporto e di lavoro, riveste per loro un’enorme importanza, soprattutto perché non possono permettersi di acquistarla.
STORIE IN SELLA AD UNA BICI
Le reazioni degli stagionali a cui consegnamo le biciclette in prestito sono spesso cariche di emozione, proprio perché per loro è essenziale sia per cercare lavoro sia per arrivarci. Le reazioni più composte sono quelle di chi un contratto lo ha già in tasca e grazie a quello può permettersi di pagare la cauzione. Spesso al momento della consegna, porgono grandissima attenzione ad accertarsi del perfetto funzionamento dei freni, dei copertoni e del cambio: ogni dettaglio è cruciale per pedalare in modo comodo e sicuro.
Quando abbiamo incontrato T., ad esempio, ha provato tre o quattro bici diverse prima di scegliere la compagna di viaggio che lo ha affiancato per mesi. La sua fronte era aggrottata, concentrata sui particolari di ognuna, per saggiare i pro e i contro. Alla fine, ha scelto una bici da corsa celeste, in ottime condizioni, sicuramente più leggera di una mountain bike, ma probabilmente più soggetta a forature lungo le strade accidentate delle campagne saluzzesi. In ogni caso, dal suo volto traspariva molta determinazione.
J., invece, ha avuto la sfortuna di ritirare la sua bici dal deposito durante un forte temporale con molta grandine. I fiotti di acqua che lo colpivano, però, non lo hanno scoraggiano e mentre si allontanava con la bici in mano sembrava felice e grato.
Ci sono stati poi lavoratori come M., un utente abituale che durante la stagione ha utilizzato spesso i nostri servizi come le docce e la boutique. Lo abbiamo visto arrivare una metà pomeriggio, pensieroso, segno che non aveva ancora trovato un lavoro. Quando è arrivato il suo turno, ci aveva colpito la sua pacatezza nel ritirare la bici: voleva solo verificare se le camere d’aria fossero sufficientemente gonfie, salire sul sellino, saluta, ringraziare e andarsene.
Altri utenti, come M., hanno insistito per giorni nel chiedere una bici dal deposito. Con modi bruschi e un tono di voce che mescolava rabbia e confusione, M. era arrivato senza seguire l’iter per segnalare la sua richiesta al nostro Infopoint. Insisteva dicendo che aveva un bisogno assoluto e disperato della bici. I nostri operatori con pazienza hanno provato a spiegargli che i tempi di attesa erano di una settimana per tutti, a partire dalla segnalazione della richiesta.
La maggior parte degli stagionali durante questa stagione è arrivato al nostro Infopoint chiedendo dove potevano trovare delle bici o dicendo di aver saputo da altri che la Caritas distribuiva delle bici. Il tono delle loro voci era spesso carico di urgenza e preoccupazione, a tratti rabbia quando spiegavamo loro che le bici erano sempre poche rispetto al numero di richieste. La maggior parte delle richieste ha incontrato un no: si trattava, infatti, di persone ancora in cerca di un lavoro mentre il nostro sistema di bike sharing si regola dando priorità a chi già un lavoro ce l’ha, per scoraggiare forme illecite di ingaggio e intermediazione.
Nella maggior parte dei casi, di fronte a un no i braccianti ci chiedevano: “Come faccio a trovare un lavoro, se per trovarlo devo spostarmi per i campi? Ci metto troppo tempo a piedi”. Molti, infatti, non avevano abbastanza denaro per comprare una bici ed erano costretti a camminare per chilometri tra i campi, offrendo la loro disponibilità ai potenziali datori di lavoro. Un sistema di ingaggio del lavoratore che continua ad esistere ancora oggi, nel 2019. Per loro la differenza tra lavorare o meno, tra il guadagnare o meno qualcosa per mantenere famiglie lontane, anche questa stagione era appesa alla catena cigolante di una bicicletta.
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