
Quand’è che un lavoratore si può considerare sfruttato? Non è solo questione di mancanza di contratti, niente contributi… tra gli indici che il codice penale individua c’è anche il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza e sull’orario. Perché il buon lavoro, quello dignitoso, passa anche dalla tutela della salute.
Ce lo ricordano ogni giorno i braccianti che arrivano al nostro Presidio in corso Piemonte 59: la maggior parte racconta di straordinari che diventano la norma, spesso non riconosciuti in busta paga. A questo si unisce un contesto che troppo spesso mette a rischio la loro salute: la difficoltà a trovare un posto dignitoso in cui dormire li costringe spesso a finire in strada, dormendo sopra un cartone appoggiato sull’asfalto, senza un riparo dalla pioggia, senza prendere sonno per l’assillo di stare allerta nel caso in cui ci siano controlli dei documenti da parte delle Forze dell’Ordine, sgomberi o qualcuno venga a rubare tra i pochi averi che hanno stipato in una valigia.
Ci raccontano della sveglia all’alba, tra le quattro e le cinque del mattino, pronti per raggiungere i campi colmi di mirtilli. La prima preoccupazione è quella di trovare un luogo in cui nascondere i cartoni e le coperte, in modo che non siano scambiati per rifiuti e gettati via, per riuscire a ritrovarli la sera quando rientreranno in quell’angolo buio dove hanno cercato riparo. Già lo scorso anno, dopo una serie di interventi di pulizia in città durante i quali sono state gettate via le coperte dei braccianti, eravamo alla ricerca di nuove coperte così, ascoltate queste storie durante le ore di apertura della nostra “Boutique du monde” le nostre volontarie quest’anno ci hanno sorpresi con la loro creatività. Hanno portato una serie di teli ai quali hanno cucito tasche e lacci per poter arrotolare le coperte che consegnamo durante i Presidi Mobili. “Così le possono legare alle bici” ci hanno spiegato, “per evitare che non le ritrovino più ogni sera”.
Ma la giornata di un bracciante senza dimora non ha esaurito le sue preoccupazioni al mattino. Dopo aver fatto sparire le tracce del loro giaciglio, ci raccontano dei chilometri in bici (anche una ventina) che affrontano lungo le “strade della frutta”, tra camion e ginocchia che pestano sui pedali per arrivare al luogo di lavoro. Al ritorno, la loro speranza è sempre quella di riuscire ad arrivare prima possibile in Caritas per prendere i primi numeri della fila e non dover attendere troppo per una doccia. Per alcuni l’attesa rappresenta un momento di riposo: potersi sedere, chiacchierare con gli altri in attesa, ricaricare il cellulare, bere dell’acqua fresca, spalmare una crema sulla pelle riarsa dal sole…
Ieri sera oltre 40 braccianti sono arrivati per una doccia nel nostro cortile in corso Piemonte. Dopo una giornata di lavoro, riuscire a lavarsi, pulire i vestiti, diventa l’accesso a una normalità non scontata in questi luoghi, ma essenziale. Il servizio docce che abbiamo riattivato quest’anno, grazie ai volontari, resto aperto il martedì e il giovedì. Se troveremo nuovi volontari disponibili, contiamo di aumentare le aperture.
La vita in strada mina la salute dei braccianti non solo quando sono esposti ai temporali estivi, alle grandinate, alle temperature che scendono la notte, ma anche perché non riescono a cucinare un pasto vero. Se la realtà delle baraccopoli è drammatica nei loro racconti, almeno lì ci spiegano come potevano arrangiarsi accendendo un fuoco. Solo uno di loro, ieri sera, si era ricavato dentro uno scatolone in plastica per la raccolta differenziata della carta, un vano dove ha sistemato un fornelletto a gas nella speranza di scaldarsi riso e pollo. Un’alimentazione scarsa e poco costante, unita alla disidratazione sono tra le cause delle patologie che vengono sistematicamente riscontrate dai medici volontari del nostro ambulatorio. Mali che possono cronicizzarsi se non curati e se non interviene cambiando stile di vita (casa, cibo, spostamenti e lavoro meno faticosi). Purtroppo, come approfondiremo in altre Liveblog, anche l’accesso alle visite mediche e a cure continuative non è semplice per gli stagionali.
Negli ultimi anni abbiamo visto aumentare il numero di braccianti che, con o senza il nostro supporto, sono riusciti a trovare un alloggio da affittare eppure spesso si tratta di appartamenti in piccoli Comuni lontani dalle zone di lavoro, con scarsi collegamenti del trasporto pubblico e comunque gli orari dei bus sono per lo più incompatibili con quelli della raccolta. Anche per chi non dorme in strada, i lunghi tragitti in bicicletta alla fine di una estenuante giornata di lavoro sotto il sole aumentano il rischio di incidenti, attenuato solo dai giubbotti catarinfrangenti e dalle luci che distribuiamo nella nostra “Boutique du monde”.
A questa fotografia di inizio stagione si aggiungono altri elementi legati al mancato rispetto delle norme sulla sicurezza che, in un momento di distrazione o stanchezza legata a questo stile di vita, possono costare caro, come per F. che abbiamo accompagnato al Pronto soccorso perché, senza i guanti per la potatura, ha rischiato di perdere una falange per un brutto taglio. Lo abbiamo visto arrivare al nostro Presidio a diversi giorni di distanza dall’accaduto, perché il datore (preoccupato per l’infortunio sul lavoro) non lo ha accompagnato in ospedale e gli aveva chiesto, come ci ha riferito, di non parlare con nessuno dell’accaduto. Parecchi braccianti arrivano alla nostra “Boutique” chiedendo ad esempio un paio di scarpe antinfortunistiche, altri raccontano di guidare mezzi agricoli senza patente.
Salute e lavoro: due diritti fortemente intrecciati, che torniamo a chiedere siano salvaguardati per evitare tragedie come quella di Camarda Fantamadi, bracciante 27enne, originario del Mali, morto proprio oggi mentre stava rientrando a casa in sella ad una bicicletta sulla strada provinciale dove ha avuto un malore per l’aria irrespirabile che aveva raggiunto i 40 gradi. È successo a Brindisi, ma anche qui a Saluzzo fa caldo, c’è il Covid e i braccianti sono tornati a sfrecciare ogni giorno sulle “strade della frutta”. La salute non è un diritto sacrificabile.








Anche quest’anno la chiusura del dormitorio PAS (Prima Accoglienza Stagionali) e delle strutture dell’Accoglienza Diffusa nei Comuni di Saluzzo, Lagnasco, Costigliole e Verzuolo ha segnato uno spartiacque rispetto alla situazione dei braccianti nel Saluzzese.
L’importante impegno del Comune di Saluzzo con il PAS si è concluso venerdì 22 novembre, dopo averlo annunciato nelle settimane precedenti sia ai lavoratori sia alle parti datoriali, oltre ai diversi attori del Tavolo di coordinamento a cui partecipa la nostra Caritas. La chiusura del dormitorio è stata preceduta dallo smontaggio del campo tendato allestito nell’area adiacente a metà luglio, dopo la manifestazione di un gruppo di braccianti provati da lunghe giornate di intemperie.
Il PAS nei mesi di apertura (da luglio a novembre) ha cambiato “disegno” molto spesso: dormitorio, durante l’estate, sia per persone in cerca di lavoro, sia per lavoratori. Sono sempre stati occupati tutti i 368 posti disponibili e sono stati forniti servizi anche a coloro che non avevano trovato posto all’interno. Da ottobre, con le prime partenze, nonostante la struttura non sia pensata e dunque attrezzata per l’inverno, il numero di persone non è diminuito perché si è assistito ad un costante spostamento di lavoratori dalle tende agli stanzoni interni, in cerca di un riparo dal freddo e dalla pioggia. Questo perché chi rimaneva sul territorio aveva anche nelle prime settimane molto fredde aveva ancora un lavoro.
Rispetto al 2009, quando iniziarono ad arrivare i primi braccianti africani, ormai la stagionalità è quasi ininterrotta. Molti lavoratori, infatti, negli ultimi anni rimangono sul territorio per diversi mesi dopo l’estate. Una stagionalità prolungata dalle nuove colture come la mela rossa invernale, non a caso chiamata “Crimson Snow”. Si sono prolungate così anche le accoglienze, in particolare il PAS, che però non può rappresentare una soluzione per chi ha un lavoro “non più” stagionale. Di conseguenza si è prolungata anche l’attività del nostro Presidio che ha continuato nelle ultime settimane di novembre a dare un supporto, in particolare, a circa 120 lavoratori con un ingaggio. Questo dato evidenzia in modo marcato il cambiamento di stagionalità nell’agricoltura saluzzese.
LUNGHE GIORNATE DI PRESIDIO
La chiusura del PAS, venerdì 22 novembre, è coincisa con una giornata intensa, lunghissima e faticosa per il nostro Presidio. Già nei giorni precedenti, ma sopratutto nel primo pomeriggio di venerdì 22, ci siamo trovati alle prese con le difficoltà di chi, ad accoglienze quasi tutte chiuse (campus Coldiretti, PAS, area tendata e strutture diffuse in chiusura la settimana successiva), pur avendo un contratto non aveva trovato soluzioni.
Ammassata di fronte al nostro Infopoint, venerdì 22 c’era una fila di zaini e borse, voci e sguardi. Erano tra le 20-30 persone. Alcuni agitati, preoccupati, altri rassegnati. Si percepiva la rabbia mista a smarrimento di chi non aveva un “piano B”. Abbiamo trascorso l’intero pomeriggio, fino a tarda sera, ricevendo una ad una tutte le persone in attesa in corso Piemonte. Ognuno è stato fatto entrare nell’ufficio e abbiamo raccolto con discrezione informazioni sulla sua situazione lavorativa e alloggiativa.
C’erano braccianti senza contratto da mesi, che non avevano chiaro il loro futuro, ma avevano già in tasca un biglietto per Reggio Calabria o Torino, chiedevano informazioni su orari e spostamenti. Uno di loro ha finito per dormire in stazione in attesa del treno il giorno dopo. La maggior parte, però, non sapeva dove andare. Molti avevano un contratto fino a fine novembre o dicembre. Alcuni avevano terminato di lavorare, ma erano ancora in attesa di ricevere la paga o del rinnovo di un contratto che gli era stato promesso. In un paio d’ore, quel venerdì abbiamo “mappato” una quindicina di persone in questa situazione. Quel giorno abbiamo raccolto i loro dati, fornito una lista e indicazioni sui dormitori aperti a Cuneo, Savigliano, Torino … alcuni però ci avevano avvisato di essere già colmi: per loro il lavoro viene prima di un tetto.
SENZA UN TETTO, MA CON UN CONTRATTO
Per chi aveva un contratto o attendeva di essere pagato, abbiamo provato a contattare i datori, spiegando la situazione del lavoratore, chiedendo di garantirgli una minima ospitalità o di pagarlo al più presto in modo che avesse i mezzi per acquistare un biglietto e cercare un posto in un dormitorio o raggiungere amici, parenti. Qualcuno non ha voluto dirci il nome dell’azienda per paura che un contatto da parte nostra mettesse a rischio il suo posto di lavoro o facesse sfumare la possibilità di continuarlo.
Quel venerdì abbiamo accompagnato tre lavoratori con problemi di salute a Casa Madre Teresa, struttura dedicata a persone con questo genere di vulnerabilità, dove i 24 posti letto erano già quasi tutti occupati, 3 lavoratori sono stati fatti entrare negli ultimi posti della Casa di Pronta accoglienza della Caritas gestita dalla Papa Giovanni XXIII, che in inverno accoglie i senza fissa dimora per “l’emergenza freddo”. Altri in tarda serata hanno invece raggiunto conoscenti e amici nei paesi limitrofi e nelle accoglienze ancora aperte.
Ad ogni bracciante che quel venerdì è passato al nostro Infopoint abbiamo lasciato il numero del cellulare di Presidio, che ha squillato tutto il giorno, in caso di emergenze. Alle 23 eravamo ancora operativi, in contatto con i dormitori, con i lavoratori, in auto a fare la spola tra Saluzzo, Savigliano e Comuni, portare qualcuno in stazione a prendere un treno, caricare le biciclette e loro averi chiusi in sacchi di plastica.
Questa lunga giornata di Presidio si è conclusa a notte fonda, confrontandoci sulla situazione e sulle condizioni dei braccianti che abbiamo incontrato per tutta la giornata.
ACCOGLIENZA DIFFUSA: UNA SOLUZIONE A TEMPO DETERMINATO
La settimana successiva, con la chiusura delle strutture dell’Accoglienza Diffusa (aperte dai Comuni di Saluzzo, Lagnasco, Costigliole, Verzuolo e gestite dal Consorzio Monviso Solidale per tutto il periodo della raccolta), alcuni lavoratori sono di nuovo venuti al nostro Infopoint dicendo che non sapevano dove dormire.
Abbiamo contattato anche in questo caso i loro datori, scoprendo che le giornate lavorative rimaste erano poche. Abbiamo invitato i datori a comunicarlo ai lavoratori, chiedendo di retribuirli nel giro della giornata o di pochi giorni in modo da permettere loro di avere i mezzi per partire da Saluzzo. Alcuni avevano contratti ancora per un mese, ma hanno rinunciato, vista la prospettiva di non sapere dove dormire. Altri hanno chiesto una coperta per continuare a lavorare dormendo fuori, ma abbiamo cercato di far capire loro che non poteva essere una soluzione. Alcuni hanno trovato ospitalità presso amici, in pochi casi presso il datore di lavoro.
Ci colpisce che alcuni datori di lavoro, che già lo scorso anno avevano avuto braccianti africani senza fissa dimora assunti tra i loro dipendenti, non siano riusciti a provvedere a sistemazioni dignitose. In quella serata alcuni lavoratori hanno dovuto lasciare la Casa del Cimitero a Saluzzo e andare in una cascina messa a disposizione all’ultimo momento dal loro datore.
Ogni chiusura rappresenta la consapevolezza di aver terminato la stagione avendo trovato, insieme ai partner del Tavolo di lavoro sugli stagionali, un posto, un letto sicuro (senza incidenti, incendi, fratture, pioggia). Per contro, veder partire queste persone, salutarli incrociando il loro sguardo incerto sul futuro, la gratitudine per essersi incontrati, ci lascia con sentimenti contrastanti. Per chi resta, per i lavoratori malati ospiti in Casa Madre Teresa o che stanno seguendo un percorso sindacale o legale, per chi prova a costruirsi un futuro oltre la stagione, con un contratto spesso troppo breve per trovare un alloggio in affitto, continua il nostro presidiare.
Anche quest’anno fare Presidio ha significato incontrare, ascoltare, capire …. in una stagione ormai sempre più lunga.
[continua]