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Monthly Archives

Ottobre 2020

#Live2020_14 I. , tornare a casa

By Live blog, New

I. aveva 23 anni quando è arrivato in Italia. Oggi ne ha 28.
Ha sempre fatto il bracciante e, così come molti altri stagionali agricoli che seguono il ciclo delle raccolte spostandosi da nord a sud, quest’estate è tornato a Saluzzo nell’azienda che da tempo lo assume da luglio a novembre.  
È un volto noto per il nostro Presidio, uno “storico” tra i braccianti del Saluzzese, tanto che conosce alla perfezione le vie e gli snodi principali della città.
Gesticola molto e frettolosamente, cercando di colmare le lacune del suo italiano con i segni.
Si spiega così mentre ci racconta la sua giornata nel nostro Infopoint e ci annuncia che tra pochi giorni, un po’ prima rispetto agli altri anni, lascerà Saluzzo. Quest’anno, però, non tornerà in Sicilia, come gli capitava di fare gli anni precedenti.

Ripartirà verso la sua “Côte D’Ivoire”, la Costa d’Avorio che pronuncia in francese anche quando parla italiano, come a farlo sentire più vicino alla sua casa, come a rendere il suo Paese più vivo nei discorsi, come se non ci fossero chilometri di terra, acqua a dividerli.

È tornato spesso al nostro Infopoint durante l’estate, per fare una doccia o chiedere informazioni, oppure come questa volta, per prendere dei  vestiti che aveva chiesto alla nostra Boutique du Monde.
I. è gentile, chiede con calma, dice che un volontario gli ha telefonato per avvertirlo che la sua borsa era pronta. Gli consegniamo i vestiti e una volta ritirati si mette in disparte per controllare. Ci sono un paio di guanti, ormai indispensabili perché ogni mattina inforca la bicicletta per andare al lavoro nei frutteti e un paio di pantaloni che “misura” con un gesto che in questi mesi di pandemia per i volontari è diventato routine. Afferra i pantaloni dalla vita e li avvolge attorno al collo spiegando che se il tessuto riesce a fare il giro allora significa che la taglia è giusta. “Fanno il giro, vanno bene” dice il suo volto che di colpo si riempie di soddisfazione.

Prima di ripartire ci chiede se abbiamo un paio di scarpe “belle, da festa” da portare in “Côte D’Ivoire”. Di fronte alla domanda un po’ insolita, aggiunge timidamente una spiegazione: “Mi servono perché mi vado a sposare”. Ci racconta della fidanzata che conosce da due anni, mostrandoci orgoglioso alcune fotografie sul cellulare. Dice che faranno una grande festa in “Cote d’Ivoire”: “Finisco di lavorare prima quest’anno apposta per tornare a sposarmi poi vedrò cosa fare”.
Nei suoi discorsi ci sono i tanti progetti di un giovane uomo, nelle sue parole il racconto di tanti anni trascorsi lontano da casa, cercando un lavoro sicuro.

Ad ottobre sono centinaia quelli come I. che, con il primo freddo e la fine dei contratti, decidono di ripartire per il loro Paese di origine: alcuni tornano per la prima volta dopo molti anni, alcuni per portare avanti scelte importanti nella propria vita (una casa, un matrimonio, un figlio…), altri per restare definitivamente.

Molti, invece, continuano la vita dello stagionale perché hanno bisogno di continuare ad assicurarsi un lavoro tornando al Sud in attesa delle prime raccolte invernali o nella speranza di trovare altri impieghi temporanei che gli permettano di sopravvivere.

Una vita in cui, spesso, stagionalità fa rima con incertezza.

Ad I. abbiamo augurato buon viaggio e felicità per il suo futuro.
Un volontario gli chiede se tornerà mai a Saluzzo: “Inshallah” risponde. “Se Dio vuole”.

              
[continua]

Maggio 13, 2022 in News, Volontari

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Tendere la mano a chi resta al freddo

By New, News

Da 6 mesi nel Saluzzese ci sono uomini che dormono in strada e non trovano alcuna soluzione abitativa, nonostante siano arrivati nel nostro territorio in cerca di lavoro o già abbiano un contratto nella raccolta agricola.

Nelle ultime settimane le temperature rigide e le piogge incessanti, tanto da spingere il Comune di Saluzzo a dichiarare lo stato di calamità, hanno convinto molti a partire per il sud, verso altre zone di raccolta. Il Presidio “Saluzzo Migrante” ha mappato circa un centinaio di persone senza dimora, di cui il 90% lavoratori, non tutti contrattualizzati. Restano quindi a Saluzzo ancora uomini che, nonostante tutto, decidono di provare a cercare un’ultima occasione di impiego, accettando di dormire in strada e mettendo a rischio la propria salute.

L’Ambulatorio Medico Stagionale della Caritas, attivo tutti i martedì in corso Piemonte, sta visitando uomini provati da settimane di privazioni e freddo protrattasi, tanto da registrare tra i braccianti i primi casi di bronchite. 

Alcuni, nella notte tra domenica 4 e lunedì 5 ottobre, hanno forzato un lucchetto per entrare in un locale caldaia nella zona dei palazzi in cui hanno sede INPS e Inail a Saluzzo, per cercare di scaldarsi e prendere sonno. 

La mattina successiva i condomini hanno chiesto l’intervento della Polizia Municipale che ha sgomberato i locali e prelevato bagagli, zaini e coperte. Poche ore dopo, gli operatori del Presidio “Saluzzo Migrante”, in collaborazione con il Comune e il Comando della Municipale, si sono attivati per recuperare e restituire ai braccianti i bagagli che erano stati presi in custodia.

Quanto accaduto appare come un gesto disperato di chi cerca semplicemente un riparo dalla pioggia e dal freddo. Un’azione dettata dalla mancanza di soluzioni che ancora gravano sulla responsabilità delle Istituzioni competenti, chiamate anche da questa Caritas e da una fitta rete di realtà del Terzo Settore locale e nazionale, ad individuare soluzioni idonee, non solo per la prevenzione al contagio fra i senza dimora, ma anche per la loro condizione con l’arrivo del freddo.

Questo gesto si mostra come l’estrema conseguenza di una grave situazione di disagio che da troppi mesi appare inascoltata dalle Istituzioni competenti: chi da settimane è costretto a dormire su un marciapiede, abbandonato, non fa che cercare soluzioni anche disperate.

Il Covid non ha fatto altro che aggravare le condizioni che da 10 anni il territorio Saluzzese si trova ad affrontare e l’articolo 103 comma 20 del Decreto Rilancio, secondo questa Caritas e i sottoscrittori dell’appello “Per una stagione di dignità”, avrebbe potuto risolvere parte del problema attraverso l’introduzione di soluzioni abitative sicure e rispettose delle norme anti contagio, anche grazie al supporto della Protezione civile e della Croce Rossa.

La Caritas evidenzia con amarezza le strumentalizzazioni e le tensioni sociali che si stanno creando attorno alla condizione di questi lavoratori. 

La rete di Amministrazioni locali, enti del Terzo settore, sindacati che negli ultimi anni si è strutturata per interviene in cerca di soluzioni sul territorio, quest’anno con il coordinamento della Prefettura e l’intervento del progetto “BuonaTerra” per la gestione delle accoglienze diffuse, ha strutturato 100 posti letto in 8 Comuni. Un grande sforzo, che ha dimostrato la tenacia e la volontà di accogliere del territorio, seppure insufficiente ad offrire a tutti i lavoratori senza dimora un tetto e un posto letto, monitorato secondo le norme anti contagio. Ad oggi tutte le strutture dell’Accoglienza Diffusa aperte finora sono piene, a chi ci mostra un contratto di lavoro chiedendo dove dormire la Caritas può solo consegnare una coperta.

Nel mese di ottobre si attende che a giorni i kiwi siano maturi e inizi una nuova raccolta. Non c’è più tempo, però, per indugiare sulla tutela dei diritti e della salute di questi lavoratori e, di riflesso sulla salute della collettività. Non si tratta solo di carità o di umanità: si tratta di giustizia.

Quanto mai attuale risuona l’enciclica di Papa Francesco alla vigilia della IV Giornata mondiale dei Poveri, il 15 novembre, in cui il Santo Padre, citando il Siracide, uno dei libri dell’Antico Testamento, sottolinea: “Non possiamo sentirci “a posto” quando un membro della famiglia cristiana è relegato nelle retrovie e diventa un’ombra. Il grido silezioso di tanti poveri deve trovare il popolo di Dio in prima linea, sempre e dovunque, per dare loro voce, per difenderli e solidarizzare con essi davanti a tanta ipocrisia e tante promesse disattese, e per invitarli a partecipare alla vita della comunità”. 

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