
I. aveva 23 anni quando è arrivato in Italia. Oggi ne ha 28.
Ha sempre fatto il bracciante e, così come molti altri stagionali agricoli che seguono il ciclo delle raccolte spostandosi da nord a sud, quest’estate è tornato a Saluzzo nell’azienda che da tempo lo assume da luglio a novembre.
È un volto noto per il nostro Presidio, uno “storico” tra i braccianti del Saluzzese, tanto che conosce alla perfezione le vie e gli snodi principali della città.
Gesticola molto e frettolosamente, cercando di colmare le lacune del suo italiano con i segni.
Si spiega così mentre ci racconta la sua giornata nel nostro Infopoint e ci annuncia che tra pochi giorni, un po’ prima rispetto agli altri anni, lascerà Saluzzo. Quest’anno, però, non tornerà in Sicilia, come gli capitava di fare gli anni precedenti.
Ripartirà verso la sua “Côte D’Ivoire”, la Costa d’Avorio che pronuncia in francese anche quando parla italiano, come a farlo sentire più vicino alla sua casa, come a rendere il suo Paese più vivo nei discorsi, come se non ci fossero chilometri di terra, acqua a dividerli.
È tornato spesso al nostro Infopoint durante l’estate, per fare una doccia o chiedere informazioni, oppure come questa volta, per prendere dei vestiti che aveva chiesto alla nostra Boutique du Monde.
I. è gentile, chiede con calma, dice che un volontario gli ha telefonato per avvertirlo che la sua borsa era pronta. Gli consegniamo i vestiti e una volta ritirati si mette in disparte per controllare. Ci sono un paio di guanti, ormai indispensabili perché ogni mattina inforca la bicicletta per andare al lavoro nei frutteti e un paio di pantaloni che “misura” con un gesto che in questi mesi di pandemia per i volontari è diventato routine. Afferra i pantaloni dalla vita e li avvolge attorno al collo spiegando che se il tessuto riesce a fare il giro allora significa che la taglia è giusta. “Fanno il giro, vanno bene” dice il suo volto che di colpo si riempie di soddisfazione.
Prima di ripartire ci chiede se abbiamo un paio di scarpe “belle, da festa” da portare in “Côte D’Ivoire”. Di fronte alla domanda un po’ insolita, aggiunge timidamente una spiegazione: “Mi servono perché mi vado a sposare”. Ci racconta della fidanzata che conosce da due anni, mostrandoci orgoglioso alcune fotografie sul cellulare. Dice che faranno una grande festa in “Cote d’Ivoire”: “Finisco di lavorare prima quest’anno apposta per tornare a sposarmi poi vedrò cosa fare”.
Nei suoi discorsi ci sono i tanti progetti di un giovane uomo, nelle sue parole il racconto di tanti anni trascorsi lontano da casa, cercando un lavoro sicuro.
Ad ottobre sono centinaia quelli come I. che, con il primo freddo e la fine dei contratti, decidono di ripartire per il loro Paese di origine: alcuni tornano per la prima volta dopo molti anni, alcuni per portare avanti scelte importanti nella propria vita (una casa, un matrimonio, un figlio…), altri per restare definitivamente.
Molti, invece, continuano la vita dello stagionale perché hanno bisogno di continuare ad assicurarsi un lavoro tornando al Sud in attesa delle prime raccolte invernali o nella speranza di trovare altri impieghi temporanei che gli permettano di sopravvivere.
Una vita in cui, spesso, stagionalità fa rima con incertezza.
Ad I. abbiamo augurato buon viaggio e felicità per il suo futuro.
Un volontario gli chiede se tornerà mai a Saluzzo: “Inshallah” risponde. “Se Dio vuole”.
[continua]
Processo Momo: commento alla sentenza