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Maggio 2020

#Live2020_3 Arrivi e primi presidi mobili

By Live blog

A differenza delle previsioni che abbiamo letto in diversi comunicati stampa durante queste settimane, né l’emergenza sanitaria né le restrizioni alla mobilità hanno scoraggiato l’arrivo di braccianti in cerca di lavoro stagionale o chiamati dai datori. 

Nelle ultime settimane assistiamo ai primi arrivi: al nostro Infopoint si presentano braccianti che cercano informazioni su dove dormire. 

Ieri mattina alcuni sono stati fermati dalle forze dell’ordine che li hanno multati perché arrivavano da fuori regione: ci hanno detto di essere arrivati in seguito ad una telefonata di un datore di lavoro e di un amico, al quale era stato chiesto dal datore di trovare della manodopera: richieste informali, senza una lettera di invito o un contratto, fuori della piattaforma “Io lavoro in agricoltura” predisposta dalla Regione.

Ad oggi abbiamo registrato  una serie di arrivi, in piccoli numeri, ma costanti. I primi presidi mobili che abbiamo fatto in queste serate ci restituiscono già la realtà di persone senza casa che stanno dormendo accampate in angoli nascosti della città. 

Nel corso dei presidi mobili abbiamo donato mascherine a tre persone coricate a terra, nei campi, arrivate dalla Calabria e dalla Puglia: hanno detto di essere arrivate perchè oggi avrebbero iniziato a lavorare nella raccolta dei mirtilli.

Abbiamo chiarito a tutti i lavoratori incontrati che devono ottenere un posto dove dormire dal datore di lavoro, come previsto dai comunicati siglati ai Tavoli dai sindacati agricoli e dalle organizzazioni produttive, di concerto con la Regione e con i sindaci. Purtroppo sono tanti i braccianti che ci dicono che il “capo” non offrirà loro un alloggio: d’altronde, la normativa non impone alcun obbligo in questo senso.

Confidiamo che nei prossimi giorni si possano trovare soluzioni adeguate: la raccolta dei mirtilli sta iniziando, quella delle pesche è alle porte. Siamo preoccupati dal constatare che al momento è stata prevista alcuna struttura per un’accoglienza d’emergenza di queste persone, senza dimora, ma arrivate nel Saluzzese per lavorare, nel rispetto delle previsioni per contrastare il contagio da Covid 19.

Come Caritas sottolineiamo la nostra preoccupazione perché questa situazione non può gravare solo su persone già fragili per la precarietà della loro condizione. Questi braccianti, già gravati da rapporti di lavoro spesso non pienamente regolari, oggi sono costretti a dormire in strada, ma anche in strada sono costantemente oggetto di pressioni per trovare altri luoghi in cui stare: ancora più isolati, ancora più vulnerabili, ancora più ricattabili.

articolo La Stampa Cuneo – 28/05/2020 – Saluzzo non ha ancora deciso dove ospitare i braccianti impegnati nella raccolta frutta

Maggio 13, 2022 in News, Volontari

Nuova stagione: appello ai volontari

Una nuova stagione di raccolta della frutta inizia nel Saluzzese e la Caritas diocesana torna a lanciare una richiesta di supporto nella gestione dei servizi di accoglienza a favore dei …
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Maggio 4, 2022 in News

Cerchiamo 2 tirocinanti

La Caritas diocesana di Saluzzo cerca 2 tirocinanti (ambo sessi, tra i 20 e i 30 anni) per un’esperienza di formazione e inserimento nell’ambito delle attività di contrasto alle condizioni…
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Aprile 11, 2022 in News

Processo Momo: commento alla sentenza

La Caritas Diocesana di Saluzzo, prima con il progetto Presidio di Caritas Italiana poi insieme alla Fondazione San Martino con il progetto SIPLA Centro Nord di Consorzio Communitas e Arci,…
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Marzo 22, 2022 in News

Comuntà è casa con il progetto Ubuntu

A partire dal mese di giugno del 2021 (fino a novembre del 2022)  la Caritas di Saluzzo ha dato il via alle azioni operative del progetto "Ubuntu" promosso dal Comune…
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Live10 Saluzzo Migrante Case Abitare a Saluzzo

Covid-19: un’occasione mancata per dare dignità

By New, News

La stagionalità dell’agricoltura in Italia vive delle continue migrazioni interne di lavoratori stranieri che da anni sono i principali protagonisti della raccolta e trasformazione nel nostro Paese: negli anni, infatti, la manodopera straniera che internamente si sposta da un bacino ortofrutticolo all’altro, tra le regioni, ha affiancato (e in larga parte sostituito) i braccianti locali e i braccianti extracomunitari che arrivano tramite il “Decreto Flussi”.

Tuttavia, il divieto di spostamento causato dall’emergenza ha sottolineato le contraddizioni di una filiera che necessita di manodopera, ma non riconosce dignità ai lavoratori stranieri già presenti sul territorio nazionale (di cui molti irregolari), mettendo in forte crisi il settore agricolo.
Sappiamo che la maggior parte dei lavoratori e delle lavoratrici vivono in insediamenti spontanei, ghetti o tendopoli in condizioni di completo isolamento, ed in un momento in cui la sostenibilità di un intero settore appare così strettamente connessa alla loro sorte è fondamentale riconoscere il loro ruolo, attraverso tutele e l’accesso ai diritti, con azioni concrete e politiche adeguate.

A questo proposito anche Caritas Italiana ha aderito all’appello lanciato da Terra! Onlus, insieme a sindacati e realtà del Terzo Settore per chiedere al Presidente della Repubblica e ai Ministri dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, e del Lavoro, Nunzia Catalfo, una sanatoria per i braccianti stranieri, per far emergere chi è costretto a vivere e lavorare in condizioni di irregolarità. Se appare impraticabile la strada di un Decreto Flussi per i lavoratori stagionali, la sanatoria richiesta appare come una misura utile in un momento in cui occorre garantire sia il rinnovo dei permessi di soggiorno e che i posti di lavoro per un intero comparto a vocazione agricola. 

Servono soluzioni per l’alloggiamento e il reclutamento

Virginia Sabbatini, referente dell’équipe di Saluzzo Migrante, commenta: “Abbiamo letto, nelle scorse settimane, i diversi comunicati del nuovo Tavolo per l’Emergenza frutta del Monviso riguardanti le decisioni in merito alla non apertura delle Accoglienze Diffuse e del dormitorio PAS da parte dei sindaci di Saluzzo, Lagnasco, Costigliole e Verzuolo. Ci lascia perplessi, a due mesi dello scoppio della pandemia, la mancanza di progetti creati su misura per le esigenze del nostro territorio.

Esprimiamo soddisfazione nel riscontrare che il mondo agricolo, con senso di responsabilità, si sia mosso al fine di occuparsi integralmente del fenomeno e di tutti i risvolti connessi alla raccolta agricola. Assieme all’istituzione regionale, ai quattro sindaci dei “Comuni della frutta” che negli anni passati avevano attivato le accoglienze diffuse e per la prima volta da dieci anni alle Organizzazioni dei Produttori, che giocano un ruolo fondamentale nella filiera agroalimentare, è necessario iniziare a costruire una programmazione che possa gestire in modo adeguato il fenomeno, senza dimenticare le sfere più fragili della raccolta, i braccianti.

Da anni chiediamo interventi di sistema da parte di istituzioni regionali e prefettizie, mondo agricolo, sindaci, servizi sociali, riservando alla Caritas un ruolo di sussidiarietà e non di protagonismo, ed in questo senso, negli ultimi due anni, si sono fatti passi avanti, con l’istituzione di nuove accoglienze, in particolar modo grazie al rilevante intervento del Comune di Saluzzo, il Protocollo Regionale per la promozione del lavoro regolare in agricoltura, siglato dalla Regione Piemonte nell’anno passato, la sperimentazione su un incontro pubblico tra la domanda e l’offerta di lavoro avviata a Saluzzo nel 2019 dal Centro Per l’Impiego di Saluzzo, in sinergia con gli enti locali.

Tuttavia, ci rammarichiamo del fatto che a questo tavolo non siano stati coinvolti gli enti che maggiormente toccano con mano alcuni risvolti del fenomeno, tra cui la parte sindacale e la Caritas, che continuano ad offrire servizi e tutela ai braccianti: sembra che la voce di chi rappresenta i lavoratori coinvolti o le persone in stato di fragilità connesse alle operazioni di raccolta non debba potersi esprimere in tale sede.

Riteniamo in ogni modo che questo possa essere un primo passo, significativo, affinché gli enti di competenza possano individuare nuove forme per una gestione responsabile del fenomeno, a dieci anni dalla sua prima manifestazione e a maggior ragione durante un’emergenza sanitaria di questo tipo.

Come Caritas ascoltiamo quotidianamente anche la voce dei piccoli imprenditori agricoli locali, affaticati da una filiera agroalimentare che non restituisce un equo valore del prodotto, in conseguenza della quale spesso si rende difficile rispettare pienamente i contratti siglati con i loro dipendenti: ancor più difficile è occuparsi del loro alloggiamento, a maggior ragione in tempi di Covid-19, che richiedono una attenzione alla sicurezza e alla salvaguardia della salute nei luoghi di lavoro e nei luoghi di alloggiamento. Oggi è il tempo in cui non lasciare soli nessuno e i soggetti più fragili ci sembrano proprio essere  da una parte i lavoratori e dall’altra i piccoli coltivatori.

Le proposte che abbiamo letto in queste settimane dai sindacati agricoli, dai sindaci, dalle Organizzazioni dei produttori del territorio sembrano andare verso questa direzione, ritenendo che l’accoglienza in azienda possa essere una risposta idonea e sufficiente per la problematica alloggiativa della manodopera agricola stagionale e richiedendo una totale flessibilità tramite lo sblocco dei voucher (che si presume possano essere uno strumento per impiegare i soggetti più fragili delle nostre comunità come i precettori di reddito di cittadinanza, le persone in cassa integrazione, categorie che avrebbero invece bisogno di rapporti di lavoro stabili e che in ogni caso non sono in numero sufficiente a coprire il fabbisogno di manodopera, che solo nel saluzzese ammonta a 12.000 lavoratori impegnati nel settore frutticolo).

Non è più procrastinabile l’impegno da parte del mondo agricolo di rendere noto il reale fabbisogno delle aziende, in quale periodo si concentri maggiormente la richiesta e se i produttori frutticoli siano in grado di predisporre delle soluzione abitative per i braccianti o meno. In caso negativo, non si può, in un anno delicato come questo, rifiutare l’intervento delle Accoglienze Diffuse pubbliche, che andrebbero replicate nei Comuni che da anni negano il loro ausilio nella gestione responsabile della problematica connessa alle imprese dei loro territori.

Certamente tutto ciò sarebbe impossibile al di fuori di una gestione da parte delle Unità di crisi e con il supporto di enti quali la Protezione Civile o la Croce Rossa, in seguito all’individuazione di protocolli per la sicurezza dei lavoratori che vedano la partecipazione dei sindacati. Fondamentale è, infine, consentire l’accesso a siti di accoglienza in luoghi pubblici o privati da parte degli enti di tutela quali la Caritas, che può fornire un supporto di beni di prima necessità e di tipo sanitario, grazie all’Ambulatorio Medico Stagionale, o dei sindacati stessi, che svolgono un ruolo fondamentale per la promozione del lavoro regolare e la prevenzione a fenomeni di sfruttamento”.

Come Caritas, abbiamo scritto al Comune di Saluzzo, alla Prefettura di Cuneo e alla Regione Piemonte per segnalare che i nostri dormitori non sono idonei, alla luce dell’emergenza sanitaria, ad accogliere le persone senza dimora disponibili al lavoro agricolo che presumibilmente potrebbe arrivare nei prossimi giorni: ad oggi sono due i potenziali braccianti che sono arrivati e sono stati costretti ad alloggiare all’aperto. Speriamo si possa costituire al più presto un comitato di gestione, tramite l’unità di crisi, che possa costituire al più presto un tavolo di confronto che possa occuparsi della tutela di queste persone e della cittadinanza.

La piattaforma regionale Io Lavoro in agricoltura: una possibilità da implementare

Diversi appelli sono stati rivolti dal mondo agricolo circa la necessità di individuare manodopera a fronte dell’assenza del Decreto Flussi, che l’anno scorso ha portato 1200 lavoratori extracomunitari nella provincia di Cuneo per il lavoro stagionale. Dal momento che questa forza lavoro rappresenta una minima percentuale della manodopera stagionale, in tempi di emergenza sanitaria sarebbe prioritario organizzare i flussi interni di migranti che lavorano come stagionali e che ogni anno si spostano a tra le regioni italiane seguendo la geografia delle raccolte.

In questo senso andrebbe implementata la piattaforma creata dalla Regione per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro agricolo.

“Pur comprendendo le motivazioni che spingono a prediligere la manodopera locale – spiega Virginia Sabbatini-, ribadiamo che difficilmente la disponibilità di lavoratori dal territorio possa rispondere al grande fabbisogno stagionale del comparto. Parallelamente, i primi arrivi di questi giorni confermano come i braccianti stagionali continuino, nonostante l’emergenza sanitaria, a spostarsi tra le regioni seguendo le stagioni di raccolta. Una situazione destinata ad aumentare con l’allentamento delle restrizioni alla mobilità a cui potremmo assistere nei mesi futuri, a maggior ragione con una stagione di raccolta che si è allungata negli anni passati e si conclude ormai nei mesi invernali. 

E’ allora di importanza cruciale l’individuazione di un sistema di reclutamento a distanza , pubblico, che superi le consuetudini del territorio. In assenza di un sistema efficace e pubblico di incontro tra la domanda e l’offerta, gestito tramite piattaforme virtuali, osserviamo come da anni gli imprenditori agricoli da anni assumano i braccianti aspettando che arrivino nel campo a proporsi, chiedendo ad altri dipendenti fidelizzati di chiamare degli “amici” o andando al Foro Boario. Un sistema insostenibile, se si considera che la manodopera arriva fino a 12.000 unità, che i flussi extracomunitari rappresentano ormai meno del 10% di questo fabbisogno e che gli autoctoni sono poco interessati a questo tipo di lavoro. Tale sistema offre spazio a fenomeni di sfruttamento quali il caporalato e produce un costo sociale ingente per il territorio, rendendo impossibile la programmazione degli arrivi e degli alloggiamenti”. 

“Ci sembra estremamente positivo – prosegue Sabbatini – lo sviluppo, da parte della Regione Piemonte, della Piattaforma “Io lavoro in agricoltura”, per scongiurare arrivi non programmati: il nostro Presidio sta pubblicizzando l’iscrizione a chi quotidianamente ci telefona, da tutta Italia, per dirci che è stato contattato dal datore di lavoro, che ha visto un servizio televisivo sulla ricerca di manodopera a Saluzzo o che si sta organizzando per venire a cercare il lavoro. I nostri colleghi in altri territori d’Italia supportano i braccianti stagionali nella compilazione, nella speranza che sussista effettivamente la disponibilità da parte del mondo agricolo, dichiarata nei comunicati, ad assumere tramite l’uso di tale sistema e non con le forme non organizzate utilizzate in passato”.

Maggio 13, 2022 in News, Volontari

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Covid-19: la precarietà di chi è senza casa

By New, News

Nelle scorse settimane abbiamo più volte raccontato come l’attività della nostra Caritas e del Presidio “Saluzzo Migrante” non si sia fermata nonostante le restrizioni imposte dalle norme di prevenzione del contagio. 

In questi giorni a Saluzzo abbiamo assistito ai primi arrivi di braccianti in cerca di lavoro: tra questi, una persona che si è accampata per la notte al Foro Boario non trovando altre soluzioni, la scorsa settimana.  Lo abbiamo incontrato, grazie ad alcuni volontari, per conoscerlo e per conoscere la sua storia. 
A questo primo arrivo, la settimana successiva, se n’è aggiunto un secondo: una persona che anche in questo caso ha dormito per strada, non avendo chi potesse accoglierlo a Saluzzo.
Gli aspiranti braccianti stanno arrivano perché sanno che negli ultimi dieci anni a Saluzzo si è trovato lavoro in questo modo. Da quando il sistema dei flussi di lavoratori extracomunitari (che consente di programmare gli arrivi) non rappresenta più il canale principale di ingaggio, abbiamo osservato negli anni imprenditori agricoli che assumono gli stagionali già presenti in Italia che si spostano da nord a sud tra le raccolte, direttamente al Foro Boario, in strada, o aspettando che arrivino in cascina in bicicletta per proporsi (nonostante lo scorso anno sia partita la sperimentazione di incontro tra domanda e offerta di lavoro con il Centro per l’impiego di Saluzzo). Come sosteniamo da tempo, la mancanza di gestione della fase di reclutamento della manodopera genera un costo sociale enorme che si abbatte sul territorio e che, quest’anno, sta mostrando anche altri risolti preoccupanti dovuto all’emergenza sanitaria, legati alla necessaria tutela della salute di chi arriva e dei cittadini.

L’emergenza sanitaria ha tuttavia portato alla luce nuove povertà. In questa situazione diventa ancora più necessario tutelare le persone fragili: famiglie senza reddito, anziani soli, malati, detenuti, senza fissa dimora, lavoratori sfruttati o senza contratto che non riescono ad accedere a strumenti di sostegno al reddito. Sono tanti i nuovi poveri che la nostra Caritas incontra nei suoi servizi, dall’Emporio della Solidarietà al Centro di Ascolto, all’Infopoint di Saluzzo Migrante. 

Nella povertà, tuttavia, esistono diverse sfumature di bisogno ed uno degli aspetti che abbiamo riscontrato è il divario tra chi può restare a casa (perchè una casa ce l’ha), proteggendo se stesso e gli altri rispetto a chi non ha un tetto, costretto a vivere in strada.  

 Dormitori e senza fissa dimora

Il problema dei dormitori per i senza fissa dimora è quantomai attuale in questi mesi: servono spazi adeguati per consentire il distanziamento sociale, aspetto difficile da realizzare in luoghi che di norma servono a trovare un riparo temporaneo, un letto pulito, uno spazio in cui cucinare, lavarsi e pulire i vestiti. Spazi concepiti con l’idea di una ripartenza, mentre l’isolamento impone una certa stanzialità. Anche il nostro Presidio, come molti altri in Italia, si è adeguato alle nuove norme di prevenzione del contagio ri-organizzando gli spazi dell’Infopoint e del dormitorio maschile al piano terra di Casa Madre Teresa.

Qui i nostri operatori hanno affiancato gli ospiti informandoli sulle norme per prevenire il contagio, aiutandoli nella compilazione delle autocertificazioni, fornendo mascherine e igienizzante, monitorando giornalmente l’eventuale insorgere di sintomi, ampliando il più possibile gli spazi, adeguatamente sanificati, consentendo ai senza dimora di restare anche in orario diurno. Diversi ospiti di Casa Madre Teresa sono lavoratori agricoli, autorizzati anche durante la fase 1 dell’emergenza ad uscire quotidianamente per raggiungere il posto di lavoro. Alcuni sono impiegati nella stessa azienda agricola da quasi un anno, ma non hanno un reddito sufficiente per affittare un alloggio. Altri sono lavoratori senza contratto, reclutati, come ci riferiscono, da “un amico”. Altri sono persone con fragilità dal punto di vista sanitario, che necessiterebbero di uno specifico accompagnamento dei servizi socio-assistenziali.

Quella dei dormitori è una situazione che appare delicata, dove la sicurezza degli ospiti già accolti è prioritaria, ma resta la difficoltà di adeguare gli spazi alle norme previste per un’emergenza che richiede il distanziamento o l’isolamento domiciliare in caso di contagio. Le notizie giunte da Torino (dove è emersa la mancanza di posti letto idonei per i senza dimora), così come quanto riportano gli altri progetti Presidio di Caritas Italiana attivi alla Pista di Borgo Mezzanone, negli accampamenti di Rosarno, San Ferdinando, Borgo Tre Titoli, nella Piana del Sele, tra le serre del Ragusano restituiscono l’immagine di una situazione a livello nazionale, in cui mancano strumenti adeguati per tutelare i diritti dei più poveri.

Presidi e lavoro agricolo

Questa situazione accomuna Saluzzo ad altri territori in Italia: da settimane siamo in costante contatto con gli altri progetti Presidio di Caritas, tutti nel centro sud, dove nei principali bacini ortofrutticoli del Paese si portano avanti azioni di prossimità verso i migranti, i braccianti (spesso stranieri), i senza dimora, le persone costrette ai margini dalla povertà.  

Coordinati dalla referente nazionale Caterina Boca, i Presidi hanno iniziato a condividere riflessioni e strategie, cercando di reinventare le proprie modalità di azione per il contrasto a situazioni di potenziale sfruttamento dei braccianti agricoli, oltre alle problematiche generate dalla mancanza di condizioni adeguate a prevenire il contagio nelle tendopoli diffuse al sud. In particolare nelle realtà in cui gli accampamenti informali sono all’ordine del giorno, la situazione rischia di degenerare per via dell’assenza di servizi minimi come l’accesso all’acqua potabile, a bagni e docce in numeri sufficienti.  

Nonostante i Presidi Caritas abbiano previsto strategie d’azione immediate, l’impossibilità di spostarsi agilmente nei territori rende più complicato svolgere il monitoraggio delle condizioni di salute e di lavoro dei braccianti attraverso i cosiddetti “Presidi Mobili”, soprattutto perché spesso vivono in baraccopoli isolate, in zone lontane dai centri abitati. Per cercare di informarli in modo adeguato,  Caritas Italiana attraverso i Presidi ha realizzato video e distribuito materiale informativo tradotto in più lingue per spiegare la situazione e le norme necessarie a contenere il contagio. 

Le difficoltà di spostamento creano problemi anche ai braccianti, e non solo, che vivono ai margini: non hanno la possibilità di stampare le autocertificazioni e questo impedisce loro di recarsi al lavoro o fare la spesa, non riescono ad accedere a servizi di trasporto alternativi a quelli forniti illecitamente dai caporali per arrivare nei campi. Nel ragusano, ad esempio, il Presidio Caritas riporta di intere famiglie povere con bambini rimaste isolate tra le serre, nuclei che abitano in casolari o ripari di fortuna, mentre a Foggia la Caritas ha acquistato buoni spesa per i braccianti in condizione di povertà o che hanno perso il lavoro in nero. 

A preoccupare i Presidi di Caritas Italiana sono le dinamiche di lavoro nel comparto agricolo, in quanto mancano ad oggi informazioni chiare sulle modalità con le quali i lavoratori svolgeranno le attività nei campi o nelle aziende di allevamenti, specie in relazione alla disponibilità di dispositivi di sicurezza e al rispetto delle distanze minime. Alcuni Presidi Caritas sono intervenuti distribuendo autocertificazioni per consentire gli spostamenti lavorativi, hanno distribuito materiale tradotto in più lingue sulle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, restano dubbi sulla loro applicazione, in particolare l’uso di mascherine e guanti, il rispetto della distanza di sicurezza e, in generale, le condizioni igieniche nei luoghi di lavoro. Preoccupa anche la condizione dei lavoratori senza contratto che, per timore di perdere il lavoro, potrebbero accettare condizioni rischiose per la salute.

Resta forte la necessità di tutelare la salute pubblica anche attraverso la regolarizzazione dei lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno. Una fetta di manodopera che negli anni ha notevolmente sopperito al fabbisogno del comparto agricolo italiano. La proposta di Caritas, oltre alla regolarizzazione, resta quella di gestire i flussi interni di stagionali già presenti in Italia, persone che ogni anno si spostano da nord a sud, anche in tempi di Covid19.

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#Live2020_2 Non ci sono più le stesse stagioni

By Live blog, New

Ogni anno, a questo punto dell’anno, il nostro Presidio si confronta con l’avvio di una nuova stagione di raccolta che coincide con l’arrivo dei primi braccianti. Ma questa volta tutto è complicato dall’emergenza sanitaria e questa complessità ce la restituisce l’incontro con B., originario del Ghana, che abbiamo incontrato in una sera di inizio maggio.

Nei mesi primaverili, da anni, ci prepariamo per i Presidi mobili: in auto, appena fa sera, percorriamo per ore le strade di Saluzzo, soffermandoci nei luoghi che possono fornire un riparo improvvisato per una notte: le tettoie nella periferia, i parcheggi coperti, i magazzini, i parchi con le loro panchine nel verde. Indossiamo il gilet della Caritas per renderci riconoscibili, riempiamo le tasche di biglietti con il numero di telefono dell’Infopoint, ci avviciniamo agli spazi più bui e silenziosi alla ricerca di chi, da solo o in piccoli gruppi, ci mette di fronte alla sua solitudine e marginalità.

L’anno scorso, i primi tre erano arrivati a metà aprile, pochi cartoni stesi sul piazzale del Foro Boario. Quest’anno, invece, B. aspettava a inizio maggio un contratto, seduto su una panchina di pietra, nel viale alberato. È arrivato da Ventimiglia su indicazione di un suo conoscente, un ragazzo che dopo anni di lavoro a Saluzzo gli ha detto “se arrivi al Foro Boario e aspetti, ti offriranno un lavoro”.

In effetti B. è stato il primo ad arrivare al Foro Boario, ma non il primo a Saluzzo: negli scorsi mesi abbiamo incontrato altri braccianti chiamati dai datori di lavoro, ma loro sono riusciti a trovare ospitalità da amici o connazionali che vivono nel territorio. B. è il primo senza dimora che ha cercato nei cartoni sull’asfalto un modo per dormire al Foro Boario. In questa situazione di emergenza sanitaria, infatti, è estremamente difficile accogliere nei dormitori un senza dimora, per via degli spazi promiscui e delle camerate collettive: in questi luoghi servirebbe poter effettuare in tempi rapidi un tampone per escludere la positività al Covid-19 o spazi per un isolamento precauzionale.

Abbiamo incontrato B. a distanza, telefonicamente, grazie al supporto di giovani volontari e abbiamo così conosciuto il suo nome, la sua storia, il motivo per cui fosse in strada.

B. ci ha racconta di avere una famiglia in Ghana e la necessità di trovare un lavoro per poter rinnovare il permesso di soggiorno dal momento che la sua protezione umanitaria è stata abolita dal “Decreto Sicurezza”. B. spiega di essere tornato in Liguria (dove si trova la Questura di competenza) per rinnovare il suo permesso di soggiorno quando è stato colto dalla pandemia che ha bloccato tutti nei luoghi di domicilio. Il Covid19 è arrivato anche nel campo di accoglienza in cui si trovava, costringendolo all’isolamento. Tempo prezioso per chi ha una protezione umanitaria che, nonostante il prolungamento della validità dei permessi di soggiorno attuato dai decreti in materia di Coronavirus, necessiterà tra pochi mesi di essere convertita in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Gli parliamo delle restrizioni imposte dalle norme per prevenire il contagio e della situazione in Italia: B. ci racconta di aver vissuto l’isolamento con la paura di ammalarsi, che non si sentiva al sicuro nel campo in cui si trovava a stretto contatto con centinaia di persone. Nemmeno la prospettiva di partire, senza sapere cosa avrebbe trovato, lo tranquillizzava: il timore di contrarre una malattia che impedisce di lavorare e sostenere così la famiglia, lo terrorizza. Al telefono gli spieghiamo che non può proteggersi dal contagio dormendo in strada, ma nemmeno abbiamo a disposizione alternative da offrirgli.

B. ci racconta che ha viaggiato senza alcun controllo fino a Saluzzo, ha trovato il Foro Boario e conosce quello che è gli hanno raccontato dei connazionali: gli imprenditori agricoli assumono i braccianti aspettando che arrivino nel campo a proporsi, chiedendo ad altri stagionali che lavorano per loro da tempo di chiamare degli “amici” o andando al Foro Boario. Un sistema di reclutamento della manodopera che offre spazio a fenomeni di sfruttamento e scarica il costo economico e sociale dell’accoglienza sul territorio, rendendo impossibile la programmazione degli arrivi e degli alloggiamenti, un incrocio tra domanda e offerta di lavoro legale e tracciato.

Per questa ragione B. ci dice che vuole aspettare al Foro Boario l’arrivo di qualcuno che gli offra un lavoro, vuole cercare una bicicletta per poter andare a proporsi nelle cascine.

Gli spieghiamo che esistono modalità sicure di ingaggio, ad esempio attraverso la piattaforma regionale per il reclutamento della manodopera agricola e che lo possiamo aiutare nell’iscrizione. Lo informiamo del fatto che nessuno assumerà una persona che dorme per strada, per questioni di sicurezza. Individuiamo per lui, con estrema fatica e dopo numerose telefonate, la disponibilità di accoglierlo da parte un dormitorio in un’altra città. I nostri volontari gli forniscono indicazioni adeguate e due pasti caldi, prima di vederlo ripartire.

B. è partito, ma continua ad aspettare una chiamata: non sappiamo dove dormirà nelle prossime sere, né se riuscirà a rinnovare il permesso di soggiorno. Sappiamo che questa stagione si presenta completamente diversa dalle altre: è chiara la necessità per il settore agricolo di trovare braccia per raccogliere la frutta che arriva sulle nostre tavole, mentre la questione dell’accoglienza di chi non ha una casa rimane aperta. 

[continua]

 

PER APPROFONDIRE: Covid-19: la precarietà di chi è senza casa

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