
Sarà l’avvocatessa Caterina Boca, membro dell’ufficio politiche migratorie e protezione internazionale della Caritas Italiana e referente nazionale del Progetto Presidio, l’ospite d’onore del Convegno diocesano “PROGETTO PRESIDIO A SALUZZO: 5 ANNI DI LAVORO SUL TERRITORIO”.
Il Convegno, organizzato venerdì 18 ottobre presso la Sala Contrattazioni del Foro Boario, avrà inizio alle ore 10 con i saluti e l’introduzione curata dal Direttore della Caritas diocesana di Saluzzo don Giuseppe Dalmasso.
Seguirà la presentazione del rapporto “Vite Sottocosto” da parte di Caterina Boca. Il dossier fotografa l’operato dei 13 Presidi di Caritas in tutta Italia, nati per offrire supporto ai lavoratori migranti vittime e potenziali vittime di sfruttamento in ambito agricolo.
Virginia Sabbatini (coordinatrice Presidio Caritas Saluzzo) ripercorrerà i risultati dell’attività svolta dal 2014 dal progetto Presidio “Saluzzo Migrante”, l’unico nel nord Italia attivato da Caritas Italiana, che monitora, accompagna e prende in carico i lavoratori stagionali offrendo loro servizi gratuiti di assistenza legale, sanitaria, amministrativa, ascolto e dignità anche grazie a decine di giovani volontari.
La parola passerà agli attori diretti del territorio con le testimonianze di un imprenditore agricolo e di un bracciante.
Alle ore 11:45 spazio ad una tavola rotonda moderata da Anna Cattaneo (responsabile comunicazione Saluzzo Migrante) alla quale sono stati invitati ad intervenire il Comune di Saluzzo, il Consorzio Monviso Solidale, i sindacati CGIL/FLai-CGIL, CISL/Fai-CISL, UIL, il Centro per l’Impiego, ConfCooperative, i rappresentanti delle parti datoriali Coldiretti, Confagricoltura e Cia.
Il tramonto sullo sfondo del Foro Boario incornicia questa volta una scena piuttosto insolita perché in quel gruppetto che si incammina lungo il viale ci sono i sacerdoti di tre parrocchie saluzzesi ed altri Comuni del territorio che hanno deciso, invitati dal direttore della Caritas Don Beppe Dalmasso, di seguire i nostri operatori in un “presidio mobile”.
Nonostante alcuni parroci fossero già informati sulla situazione, solo un paio erano già stati al dormitorio PAS (Prima accoglienza stagionali). Nonostante ciò, la loro presenza si fa subito notare, tanto che le biciclette cariche di buste della spesa anziché sfrecciare lungo il viale, rallentano in prossimità del gruppo, specie quando alcuni sacerdoti (memori delle loro missioni in Africa) accennano saluti in bambarà o mandinga. Restiamo all’esterno del PAS, spiegando e raccontando gli sviluppi dell’ultimo anno: le novità, i passi avanti e le criticità della situazione. Il gruppo ci stimola con molte domande: quante persone vivono nella zona del Foro Boario, quante lavorano, se hanno un contratto o sono alla ricerca di un impiego. Ci prendiamo il tempo per rispondere a tutte e a tutti, consapevoli che la complessità della situazione sia difficile da restituire in poche parole.
Entriamo nel PAS e veniamo accolti dagli operatori della Cooperativa Armonia che dal 2018 si occupano della gestione della struttura. A loro i sacerdoti rivolgono domande sulla gestione, sui cambiamenti rispetto all’anno precedente. Entriamo per attraversare con loro questo microcosmo carico di vita: dalle bancarelle improvvisate alle piccole attività. C’è chi cuce, chi taglia i capelli, chi ripara biciclette: segnali di una comunità che qui ha provato a ricostruirsi partendo da una quotidianità riprodotta.
Don Andrea, parroco a San Martino di Barge, racconta del suo passato come missionario in Africa e si stupisce di fronte a questo brulicare di persone che gli ricordano i mercati del Camerun. “Mi sembra proprio di essere di nuovo là, ma il probelma è che tutto questo avviene a Saluzzo” ci dice.
Durante la visita qualcuno si ferma a parlare con i braccianti: molti osservano il gruppetto straniti mentre, chini verso terra, preparano la cena o attendono il loro turno per la doccia. Mentre il tramonto lascia spazio alla notte, il numero di persone nel dormitorio aumenta, segno che la giornata di lavoro è finita.
Usciamo per raggiungere l’area tendata, sorta accanto al PAS dopo le proteste seguite agli acquazzoni di luglio. Don Marco, parroco di Verzuolo e Costigliole, che insieme agli Scout aveva prestato servizio nel 2015 e nel 2016 al Campo Solidale gestito dalla nostra Caritas, riconosce le tende verdi montate allora e ricomparse due anni dopo nello stesso luogo. “Mi sembra incredibile rivedere queste scene” commenta.
Restiamo in questo luogo sospeso tra odori e rumori di altri Paesi che ormai “appartengono” al nostro. È soprattutto qui che abbiamo l’occasione di constatare gli aspetti più critici della situazione degli stagionali che non hanno una sistemazione abitativa, condizione che ogni anno segna la stagione della raccolta.
Assistiamo al rientro a “casa” (nelle tende) di uomini e giovani che lavorano nelle nostre campagne e la sera si ritrovano per mangiare insieme, giocare a carte, chiacchierare come tutti i lavoratori, con l’unica, amara e indegna differenza del loro letto, approssimato sul cartone, a terra o su un pallet sotto le tende, per chi non ha posto nel PAS.
La presenza di questo gruppo di sacerdoti, grazie a Don Beppe Dalmasso, ha mostrato la vicinanza e l’interessamento della Chiesa agli uomini che vivono questa condizione, ai membri della comunità e agli amministratori che tentano di intervenire da ormai dieci anni.
Pochi giorni dopo questo “presidio mobile” con i sacerdoti, durante il Convegno Diocesano che apre l’anno pastorale, alcuni giovani volontari della nostra Caritas, che vivono nel cohousing “Casetta”, hanno letto un messaggio in occasione della Giornata nazionale delle vittime dell’immigrazione (03 ottobre) per quegli uomini e quelle donne che hanno perso la vita durante il loro viaggio verso un futuro di speranza.
Le parole di Papa Francesco nell’omelia a Lampedusa durante la sua visita nel 2013: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?», Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!
(…) domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo. Chi ha pianto oggi nel mondo?»
[continua]