

Ha preso il via a maggio il cohousing sociale della Caritas di Saluzzo rivolto ai giovani. I primi inquilini della “Casetta”, com’è stato ribattezzato l’ex casello ferroviario, sono entrati dando il via a questo esperimento di convivenza solidale che comprende alcune ore di volontariato nei servizi della Caritas.
GLI INQUILINI
Tra i primi è arrivato Giacomo, 23enne di Manta laureato in Design del prodotto, che racconta:“Ho sentito il bisogno di continuare l’esperienza del “vivere da solo” in un modo diverso. Credo molto nelle persone e avere la possibilità di vivere un progetto che promuove la condivisione e la solidarietà mi sembrava la strada giusta da percorrere”.
Dopo di lui è stata la volta di Michela, studentessa universitaria 22enne di Revello, che spiega: “Ho deciso di fare domanda perchè sentivo forte in me il bisogno di vivere da sola e l’idea di farlo con un’esperienza divesa, per me formativa sia dal punto di vista personale sia professionale, mi ha attirata fin da subito. Poter stare a contatto con ragazze e ragazzi che conosco da poco e con background e interessi diversi dai miei è molto bello e stimolante. Condividere con loro la quotidianità mi sta sicuramente aiutando a fare più miei valori come la solidarietà e il senso di comunità”.
Ci sono anche inquilini “temporanei” come Noemi, 27enne di Santo Stefano Roero, che ha vissuto nella “Casetta” per un mese, a maggio: “Prima di conoscere Saluzzo Migrante – spiega – non avevo idea di cosa succedesse qui durante l’estate. Venire a contatto con ragazzi così giovani, ma già così tanto provati da varie esperienze di viaggio e di vita, mi ha fatto capire quanto possa essere importante fare questo tipo di volontariato, dando un piccolo aiuto che al tempo stesso può significare tanto”.
VOLONTARIATO E INCONTRI
Gli inquilini si coordinano periodicamente con Andrea, referente del progetto, e nel frattempo hanno aperto la “Casetta” a progetti e collaborazioni con il territorio, ospitando incontri con il presidio saluzzese di Libera, l’equipe mensile diocesana della Caritas, l’associazione “Il Pulmino Verde” di Torino con la quale Saluzzo Migrante lavora al progetto “Le rotte del caporalato”.
Gli inquilini hanno anche iniziato il loro volontariato in Caritas, specie nei servizi del presidio Saluzzo Migrante (Boutique, Ciclofficina …). Inoltre sono stati invitati a partecipare a diverse iniziative promosse da realtà sociali del territorio, come la rassegna “Maggio per i diritti” a Barge, l’evento Life 2.0 sulla sicurezza stradale dell’Associazione Segnal’Etica a Verzuolo e l’evento della ong MAIS a Torino su agricoltura, sostenibilità e stili di vita.
UN LUOGO DI PROGETTAZIONE
Il cohousing si sta configurando anche come luogo di progettazione: gli inquilini, infatti, stanno organizzando diversi eventi come una proiezione del documentario “Di Passaggio” sul dormitorio PAS insieme a Libera Piemonte, cene con autorità e persone che possano raccontare esperienze significative (la prima con Don Giuseppe Dalmasso, direttore della Caritas di Saluzzo, e Don Giovanni Banchio, responsabile dell’oratorio Don Bosco sui loro anni da missionari in Brasile e Camerun), oltre a serate di formazione con gli operatori di Saluzzo Migrante.
GLI ULTIMI ARRIVATI
Enrico 22enne di Verzuolo, laureato in design e comunicazione visiva, ha deciso di tornare in provincia portado con sé la passione per la musica e la grafica. “Avevo voglia di sfruttare quest’occasione che per le persone della mia età non è scontata – dice – specie in un luogo come Saluzzo. Del cohousing mi ha attirato fin da subito il senso di condivisione di un’idea ben precisa che questo progetto insegue, che è molto diversa dal semplice vivere da solo con altri coinquilini come ho già sperimentato. Partecipando ai servizi di Caritas e toccando con mano la condizione degli stagionali al Foro Boario, ho trovato un modo per vedere finalmente anche realtà che mi circondano, sfatando un po’ l’idea che in provincia vada sempre tutto bene.”
Edoardo, 24enne di Cavallermaggiore, dopo la laurea in Sviluppo Internazionale ha deciso di trascorrere qualche mese nel cohosing prima di proseguire gli studi all’estero. “Mi è sempre piaciuto viaggiare – racconta – e anche quest’estate avrei voluto partire per l’Africa. Poi ho visto la proposta del cohousing e ho pensato che sarebbe stato importante cercare di “incontrare l’Africa” a due passi da casa mia. Sono arrivato da poco, ma ho avuto subito un’impressione molto buona dei coinquilini e dell’ambiente in generale. Mi affascina molto l’idea di una coabitazione in cui la condivisione è centrale, e si lavora insieme, non come individui a sé stanti“.
Sugli inquilini della “Casetta” veglia Maria Cristina, operatrice di Saluzzo Migrante dove lavora come progettista sociale, che continua l’esperienza di coabitazione nell’ex casello ferroviario sperimentata in precedenza con un’altra operatrice. “Essere così coinvolti da una reatà sociale e umana che ti mette alla prova e rimette in discussione tante cose della propria vita – spiega Maria Cristina – è alleggerito dal fatto di condividerlo nel cohousing con una comunità di coinquilini che sperimenta quella stessa situazione, che porta con sè un interesse importante rispetto al tema e strumenti nuovi per comprendere il peso che ognuno si porta dentro. Funzioniamo bene: abbiamo rimesso a posto il giardino e l’orto iniziando a mangiare i nostri prodotti. Siamo attenti ai consumi: ad esempio siamo diventati soci dell’orto sociale la Milpa a Piasco dove una volta a settimana facciamo attività e in cambio riceviamo frutta e verdura”.
Corriere di Saluzzo – Coinquilini e volontari. Esperienza in autonomia per 5 inquilini under 30
La Stampa – “Nella stessa casa condividiamo sogni, valori e volontariato”
150 persone hanno trovato posto alla “Tavolata senza muri” allestita sabato 15 giugno nel cortile della Caritas che si è fatta promotrice dell’iniziativa insieme a “Saluzzo Migrante”.
Operatori e volontari hanno sistemato una quindicina di tavoli dove è stato servito un pasto condiviso da utenti dei servizi della Caritas, una quarantina di braccianti africani arrivati a Saluzzo in cerca di lavoro o che già stanno lavorando come stagionali nei frutteti, cittadini, volontari dell’Associazione Papa Giovanni XXII, del Gruppo Scout Agesci Saluzzo 1, del presidio “Dalla Chiesa” di Libera Saluzzo e operatori della CGIL Cuneo che hanno collaborato all’evento.
Caritas Saluzzo e “Saluzzo Migrante” hanno ritenuto importante aderire a questa iniziativa proposta da FOCSIV che in 25 città italiane ha visto sedersi attorno allo stesso tavolo centinaia di persone per un momento di convivialità. La “Tavolata senza muri” vuole rappresentare sia un’occasione di conoscenza reciproca sia un forte messaggio per ribadire l’impegno di tante e tanti a favore del dialogo e della solidarietà con chi ha di meno, con chi cerca lontano dalla sua patria una possibilità di vita migliore, convinto che non tutti gli italiani siano dalla parte del razzismo e dell’esclusione.
A Saluzzo l’iniziativa è stata salutata dal Vescovo, Monsignor Cristiano Bodo, che citando Don Tonino Bello ha detto: “È importante stringerci le mani, accorgerci di chi è accanto a noi e ha bisogno di noi, di un sorriso come di una mano e accorgerci che siamo tutti uguali davanti a Dio, camminare insieme condividendo gioie e speranze. Sentiamoci amici, condividendo fatiche e gioie che la vita ci mette davanti, confidando in Dio”.
Don Giuseppe Dalmasso, Direttore della Caritas, ha sottolineato: “Sentitevi a casa, questa che vedete nel cortile della Caritas è una casa di prima accoglienza, un inizio per chi ha bisogno. Vogliamo che questa casa nel cuore di Saluzzo, vicina al Duomo, all’oratorio dove ci sono tanti giovani, vicina al PAS, sia segno di accoglienza. Chiediamo scusa se non riusciamo a fare tante cose, ma ce la mettiamo tutta per fare del nostro meglio. Ci sono tanti giovani che oggi hanno lavorato per realizzare questa iniziativa, la Tavolata senza muri che oltre a Saluzzo ci sarà in altre 25 città italiane”.
In rappresentanza del Comune, Fiammetta Rosso, Assessora con delega alle Politiche sociali, ha ricordato: “Questo è un luogo che conosco bene e che mi conosce bene, in cui ho condiviso tante battaglie. Vi porto la vicinanza dell’amministrazione comunale. Condividere un pasto è una cosa che facciamo tutti i giorni, ma qui lo facciamo per dire sì ad accoglienza e comunione. Voglio augurare a tutti che questa sia anche un’occasione per dirci pronti al lavoro che ci attende insieme nei prossimi mesi”.
Alessandro Armando, referente di Saluzzo Migrante: “Oggi a Saluzzo, come in tante altre piazze e vie in Italia, le persone si siedono a tavola per conoscersi e parlare insieme. Abbiamo chiesto di aprire il cortile della Caritas per ribadire un impegno di accoglienza, apertura e condivisione“.
Sono intervenuti anche i rappresentanti del Centro culturale islamico di Saluzzo, Francesca Galliano del presidio Libera Saluzzo, Davide Masera della CGIL Cuneo e Luigi Celona dell’Associazione Papa Giovanni XXIII.
Il pranzo è stato servito dai giovani volontari di “Saluzzo Migrante” e dagli Scout del Gruppo Agesci Saluzzo 1 che vogliamo ringraziare per il servizio svolto con spirito di squadra e allegria. Un ulteriore ringraziamento a Valeria Cardetti che in mattinata ha allestito un laboratorio di stampa serigrafica dove i volontari hanno realizzato le nuove magliette di “Saluzzo Migrante” che contribuiranno all’autofinanziamento del progetto.
Poco prima dell’apertura, i nostri due operatori dietro le scrivanie ripassano le nuove procedure. Da quest’anno, infatti, la nostra Caritas partecipa all’attivazione del Protocollo sperimentale per “LA PROMOZIONE DEL LAVORO REGOLARE IN AGRICOLTURA, FACILITARE L’INCONTRO TRA DOMANDA E OFFERTA DI LAVORO STAGIONALE E DARE SOLUZIONE AI PROBLEMI DI TRASPORTO DEI LAVORATORI” della Regione Piemonte che prevede un tavolo tecnico di lavoro nel Saluzzese, diretto dal Centro per l’impiego. Al tavolo, in queste prime settimane di confronto, è stata elaborata una scheda di iscrizione. È una domanda al Centro per l’impiego dove, per la prima volta, gli aspiranti braccianti potranno iscriversi a liste pubbliche di collocamento gestite in coordinamento con sindacati e organizzazioni dei datori di lavoro. Alle persone che accedono al nostro Infopoint per il curriculum da quest’anno proponiamo di compilare anche questa nuova scheda.
In poche ore una quindicina di loro entra nell’ombra dell’ufficio: una danza continua che ha come colonna sonora sempre le stesse domande e risposte simili… simili le richieste, ma diverse le voci, l’accento, la lingua.
STANCHEZZA, SPERANZE E PAURE
La maggior parte è arrivata a Saluzzo da poco, per la prima volta, gli occhi smarriti di chi non conosce la città e non sa cosa aspettarsi. “Fuori! Fuori!” ripetono quando chiediamo dove dormono: molti di loro sono accampati al Foro Boario, in attesa di un posto nel PAS che ha data priorità a coloro che avevano già un contratto di lavoro.
La loro stanchezza è palpabile nelle parole, nei gesti e nel lasciarsi cadere sulla sedia dell’Infopoint. Alle domande sulla loro vita prima di arrivare qui, la maggior parte risponde a monosillabi. “Ho lavorato qui poi lì, ho fatto questo e quello, nel mio Paese ho smesso di studiare presto … scrivi che cerco un lavoro qualsiasi, basta che sia un lavoro” dice S.
D., invece, ha voglia di parlare (o bisogno di qualcuno che lo ascolti). Lo abbiamo incontrato qualche sera prima durante un presidio mobile notturno mentre dormiva all’aperto nel viale del Foro Boario insieme a suo fratello. Era coricato su un cartone e lamentava un forte mal di denti, così appena finiamo di scrivere il suo curriculum gli chiediamo come sta. Spiega che il dolore è sparito, che il mattino dopo dovrebbe andare in ospedale a toglierlo. Sembra più sereno, ma non è scomparsa la sua paura di non riuscire a trovare un lavoro se fosse continuato il dolore ai denti. Gli auguriamo buona fortuna prima che esca e lui ricambia con un sorriso.
DAL MURATORE ALL’INSEGNATE, TUTTI CERCANO UN FUTURO
Giusto il tempo di sistemare il suo curriculum in archivio ed entra A., 25 anni, anche lui a Saluzzo per la prima volta. Alle spalle ha una decina di lavori durati un mese o due in giro per l’Italia: dagli hotel di Peschiera del Garda alla raccolta di pomodori a Foggia. Racconta di essere arrivato in Italia nel 2014, da solo, di avere qualche amico sparso per la penisola. Racconta con orgoglio: “In Gambia facevo l’insegnante. Insegnavo ai bambini matematica, inglese e scienze. Mi piaceva tanto”. Poi una serie di problemi in famiglia e nel suo Paese l’hanno costretto a lasciare tutto. Prima di andarsene dall’Infopoint chiede se in città sia possibile frequentare la scuola perchè vorrebbe restare per studiare. Forse nei suoi pensieri c’è il sogno di tornare ad insegnare… Quando si alza saluta con gratitudine, forse più per averlo ascoltato che per il curriculum compilato insieme.
Dopo arrivano M. e C., due cugini gambiani, arrivati insieme in Italia. Anche loro sono qui per la prima volta. “Come avete fatto a sapere che qui c’è lavoro?” chiediamo: loro ridono come se ormai non fosse risaputo che Saluzzo è sulla bocca di chiunque cerchi un lavoro. M. prima ancora di sedersi chiede “Do you speak english?” e alla riposta affermativa alza gli occhi al cielo come per ringraziare qualcuno. Dal suo racconto capiamo che la notte precedente, la prima trascorsa sul viale del Foro Boario, non ha chiuso occhio e che la stanchezza gli impedisce di concentrarsi per riuscire a parlare in italiano. Lasciamo che poggi più volte la testa sul tavolo mentre scriviamo insieme il suo curriculum. Ammette fieramente di essere “born and raised in Ebo Town” e precisa che nonostante sulla carta d’identità sia scritto M., il suo nome è A. M. era il nome di suo padre, rimasto in Gambia, con il quale dall’età di 11 faceva il muratore. “Ho fatto questo lavoro per tutta la vita, voglio fare questo anche qui. Mi piace”. Anche a lui auguriamo buona fortuna, sperando che questa notte riesca a dormire.
Suo cugino C. entra nell’Infopoint con il viso cupo, la sua preoccupazione assillante viene a galla quando gli chiediamo del permesso di soggiorno: aveva fatto domanda per il rinnovo e vuole parlare con qualcuno della sua situazione. Gli diamo appuntamento per il giorno successivo quando potrà parlare con qualcuno competente sul rinnovo dei documenti. Quando gli consegniamo l’orario dell’appuntamento si rasserena.
La cosa che ci colpisce di queste storie ascoltate all’Infopoint è l’età di questi aspiranti braccianti: sono quasi tutti coetanei degli operatori e dei volontari di Saluzzo Migrante, se non più giovani. Ogni volta che li sentiamo parlare della Libia, della scuola lasciata a 10 anni per lavorare, proviamo un misto di ammirazione e stupore, notando una distanza siderale tra le nostre vite ai due lati del Mediterraneo. Nella maggior parte dei casi hanno lasciato la loro casa ancora minorenni con poco o nulla, se non la consapevolezza che se fossero arrivati in Italia avrebbero dovuto cercare di lavorare per le famiglie rimaste in Africa e che probabilmente sarebbero stati costretti ad accettare condizioni estreme, senza potersi lamentare.
Chiudiamo la porta dell’Infopoint alle 19:30, dopo quattro ore e mezza e una quindicina di storie ascoltate, altrettanti curriculum e una quantità di domande dentro di noi che non sappiamo quantificare.
[continua]