Ogni anno la nostra équipe e i nostri volontari ascoltano centinaia di storie di migranti africani arrivati nel Saluzzese per la raccolta stagionale della frutta. Storie che ci restituiscono l’importanza del supporto offerto dai nostri servizi a chi, come Yusupha, è in cerca di un futuro migliore dopo aver superato così tante difficoltà.
27 anni, originario del Gambia, Yusupha ha raccontato la sua storia a Stefano, tirocinante di Saluzzo Migrante mentre si trovava in Caritas per ottenere qualche capo di abbigliamento dalla nostra “Boutiqué du Monde”. Ad ottobre Yusupha viveva al dormitorio PAS e stava ancora lavorando nelle campagne saluzzesi. Quando finirà il suo contratto, ci ha raccontato, tornerà a Perugia.
LA PRIGIONE IN GAMBIA
Yusupha ci racconta che in Gambia è andato a scuola arrivando al college dove ha studiato informatica, management ed economia. Poi per cinque anni ha lavorato in un albergo a 5 stelle come receptionist e addetto al back office. La struttura era frequentata soprattutto da europei e la polizia gambiana cercava con insistenza informazioni e testimonianze da parte del personale riguardo la presunta presenza di omosessuali. Yusupha è stato incarcerato per 20 mesi finché suo zio non ha pagato una cauzione per farlo rilasciare in libertà vigilata. Ogni giorno doveva andare a firmare alla stazione di polizia. La madre, preoccupata, ha insistito affinché lasciasse il Paese così nel 2013 è emigrato in Senegal. Il quale collaborava con il governo gambiano, rintracciando chi era ricercato e facilitandone l’estradizione. Per questo motivo prima è andato in Angola poi in Libia dove è rimasto 4 mesi fino allo scoppio della guerra.
DALLA LIBIA AL BARCONE PER L’ITALIA
In Libia Yusupha ha lavorato ed è stata la sua datrice di lavoro a proporgli di andare in Italia. Lui però aveva paura a causa dei tanti naufragi nel Mediterraneo. La signora però lo ha rassicurato, garantendogli “che la barca era condotta da amici affidabili ed era una barca speciale”.
Yusupha non poteva pagare il viaggio perché inviava alla madre tutto ciò che guadagnava. Racconta che è stata la signora stessa a pagargli il viaggio per l’Italia dove nel 2015 è arrivato a Salerno. Qui ha trovato ospitalità tramite alcuni ragazzi arabi che gli hanno consigliato di rivolgersi alla polizia per chiedere asilo.
In Questura Yusupha ha spiegato il suo percorso e i mediatori lo hanno inserito in un progetto di accoglienza gestito da un’associazione di Perugia. Per un anno e mezzo è stato seguito da questa associazione, ha studiato italiano poi ha frequentato un corso di termoidraulica. Dopo uno stage di due mesi è stato assunto per tre mesi, poi il contratto gli è stato rinnovato anche per la stagione successiva. La ditta però gli ha chiesto di sospendere il lavoro per tre mesi prima di rinnovare il contratto. Per questo motivo Yusupha ha deciso di venire a Saluzzo con l’intenzione di tornare a Perugia in ottobre per riprendere il lavoro nella ditta.
L’ITALIA SECONDO YUSUPHA
Yusupha racconta di aver conosciuto il nostro Paese già in Gambia grazie ai “tanti ristoranti tipici”. Il suo sogno era però quello di emigrare in Inghilterra o negli Stati Uniti dove, per via della lingua, avrebbe potuto proseguire i suoi studi. Ora però sogna di accumulare ulteriore esperienza nel settore della termoidraulica, ma anche di laurearsi in economia o informatica. Racconta che gli piacerebbe tornare in Gambia, un giorno, per insegnare ai suoi connazionali.
In Italia dice di aver conosciuto tante persone e che, come in ogni luogo, ci sono “quelle gentili, ma anche quelle scontrose, chiuse e razziste”. A Perugia dice di aver vissuto il periodo più bello da quando è in Italia perché nel condominio in cui viveva, molti contavano su di lui per piccoli lavoretti e ha fatto anche il volontario per il Comune.
“É naturale che ci siano dei razzisti ovunque si vada, anche in Gambia ci sono – dice Yusupha. É un razzismo diverso, etnico, ma c’è. Io però rispetto chiunque e se posso aiutare, aiuto”.
Secondo Yusupha Saluzzo è bella e ci sono tante persone gentili. Anche al lavoro dice di trovarsi bene, che il capo è bravo e dà ai suoi dipendenti cibo ed acqua tutti i giorni: “Non tutti i capi sono così” spiega Yusupha.